Nel pomeriggio del 20 agosto di 73 anni fa l’agente stalinista Mercader colpiva alla testa con una piccozza il compagno Lev Trotsky. Il "viejo" rivoluzionario moriva il giorno successivo.Dal testo di Trotsky "I gangster di Stalin", di prossima pubblicazione per la serie dei «quaderni di Pagine Marxiste», di seguito un breve estratto in omaggio al grande comunista, capo dell’Armata Rossa.
L’oligarchia del Cremlino ha una caratterizzazione totalitaria, ovvero domina tutte le funzioni sociali, politiche, ideologiche della vita del Paese e distrugge anche le più piccole manifestazioni di dissenso ed opinione indipendente. Il carattere totalitario della politica del Cremlino non nasce dalle caratteristiche personali di Stalin, bensì dalla nuova cappa dirigente che sta sopra al popolo. La rivoluzione d’ottobre perseguiva due obiettivi congiunti: primo, la socializzazione dei mezzi di produzione e l’aumento, tramite l’economia pianificata, del livello economico del paese; secondo, la creazione su queste basi di una società senza differenze di classe e di conseguenza senza burocrazia professionale, una società socialista amministrata dalla totalità dei propri membri. Il primo obiettivo è stato realizzato nei suoi lineamenti di base; i benefici dell’economia pianificata, nonostante l’influenza della burocrazia, si rivelarono con una forza indiscutibile. Il problema del regime sociale è diverso. Invece di avvicinarsi al socialismo, si allontana da esso. In virtù di cause storiche che non tratteremo qui, sulle basi della Rivoluzione d’Ottobre è cresciuta una nuova casta privilegiata, che concentra nelle proprie mani tutto il potere divorando una parte sempre più grande del reddito nazionale. La posizione di questa casta è assai contraddittoria. Verbalmente opera in nome del comunismo; il realtà lotta per consolidare il proprio potere illimitato ed i propri immensi privilegi economici. Circondata dall’ostilità e dalla diffidenza delle masse ingannate, la nuova aristocrazia non può ammettere alcuna crepa nel proprio sistema. Nell’interesse dell’autoconservazione si vede costretta a soffocare ogni minimo accenno di critica ed opposizione. Da qui la tirannia soffocante, la sottomissione generale di fronte al “caudillo” e la non meno consistente ipocrisia; da qui anche il gigantesco ruolo della GPU come strumento del dominio totalitario.
L’assolutismo di Stalin non poggia sull’autorità tradizionale della “grazia divina”, né sulla “sacra” ed “inviolabile” proprietà privata, bensì sull’idea comunista di uguaglianza. Ciò permette all’oligarchia di non dover giustificare la propria dittatura con qualsiasi prova sensata e convincente. Né può far riferimento, nelle proprie giustificazioni, al carattere “transitorio” del suo regime, perché la questione non starebbe nel fatto che l’uguaglianza non è stata realizzata pienamente, ma nel fatto che la disuguaglianza cresce continuamente. La casta dirigente si vede costretta a mentire, truccarsi, mascherarsi, attribuendo sistematicamente ai suoi critici ed ai suoi avversari motivazioni diametralmente opposte a quelle che li animano. Tutti coloro che agiscono in difesa degli operai e contro l’oligarchia vengono denunciati dal Cremlino come sostenitori della restaurazione capitalista. Questa menzogna standardizzata non è dovuta al caso: si sprigiona dalla situazione oggettiva di questa casta, che incarna la reazione giurando per la rivoluzione. In tutte le precedenti rivoluzioni la nuova classe privilegiata ha preteso di mettersi al riparo dalla critica da sinistra con una fraseologia pseudo rivoluzionaria. Termidoriani e bonapartisti della grande Rivoluzione Francese perseguitavano tutti i veri rivoluzionari (giacobini) indicandoli quali “monarchici” ed agenti del governo reazionario britannico di Pitt.
Stalin non ha inventato nulla di nuovo. Ma ha portato il sistema delle falsificazioni politiche fino al limite massimo. La menzogna, la calunnia, la persecuzione, le false accuse, le commedie giudiziarie sono una conseguenza necessaria del carattere usurpatore della burocrazia nella società sovietica. Se non si comprende tutto ciò non si può comprendere né la politica interna dell’URSS, né il ruolo della GPU nell’arena internazionale.
Lenin nel suo testamento (gennaio 1923) proponeva di rimuovere Stalin da segretario generale del partito, adducendo le sue grossolanità, slealtà ed inclinazione ad abusare del potere. Due anni prima Lenin aveva previsto: “questo cuoco cucinerà solamente piatti piccanti”. Nel partito nessuno voleva né tantomeno rispettava Stalin. Però quando la burocrazia cominciò a sentire con forza il pericolo che la minacciava da parte del popolo, necessitò proprio di un caudillo grossolano e sleale, disposto ad abusare del potere per i suoi interessi. Ecco perché il cuoco di piatti piccanti divenne il caudillo della burocrazia totalitaria.
“L’odio dell’oligarchia moscovita nei miei confronti trae origine dal profondo convincimento che io l’abbia tradita”. Quest’accusa ha un suo significato storico. La burocrazia sovietica eresse Stalin a capo senza golpe né titubanza. Nel 1924 Stalin era sconosciuto nei tanti circoli del partito, a maggior ragione tra la popolazione, e, non godeva di popolarità nemmeno nelle fila della burocrazia. La nuova casta dirigente sperava che io prendessi le difese dei suoi privilegi. In questa direzione vennero fatti non pochi sforzi. La burocrazia si spostò decisamente verso Stalin solo una volta compreso che io non avevo intenzione di difendere i suoi interessi contro gli operai, bensì al contrario ero determinato a difendere gli interessi degli operai contro la nuova aristocrazia; da allora mi chiamò “traditore”. Questo appellativo, in bocca alla casta privilegiata, è una testimonianza della mia lealtà nei confronti della classe lavoratrice. Non è un caso che il 90% dei rivoluzionari che costruirono il partito bolscevico, fecero la Rivoluzione d’Ottobre, crearono lo Stato sovietico, l’Armata Rossa e diressero la guerra civile siano stati sterminati negli ultimi 12 anni come “traditori”. L’apparato stalinista, al contrario, in questo periodo si è riempito di personaggi che negli anni della rivoluzione stavano dall’altra parte della barricata.
Un’analoga trasformazione l’ha subita in questi stessi anni l’Internazionale Comunista. Il primo periodo del regime sovietico, mentre la rivoluzione era minacciata da un pericolo all’altro, mentre tutte le forze si consumavano nella guerra civile, col suo seguito di fame ed epidemie, rivoluzionari capaci e disinteressati si univano alla rivoluzione ed al Comintern. Di questa prima leva rivoluzionaria, che dimostrò coi fatti negli anni difficili la propria lealtà alla Rivoluzione d’Ottobre, non resta letteralmente un solo uomo. A causa dei continue espulsioni, oppressione economica, corruzione sfacciata, purghe e fucilazioni, la banda totalitaria del Cremlino ha trasformato definitivamente il Comintern in un suo strumento sottomesso. Il suo attuale quadro dirigente, così come ognuna delle sue sezioni, è composto da gente che ha aderito non alla Rivoluzione d’Ottobre ma all’oligarchia trionfante, fonte di alte onorificenze politiche e beni economici.
Il prototipo dominante tra i burocrati “comunisti” odierni è il carrierista politico, in opposizione diretta al prototipo rivoluzionario. L’ideale di questa gente è raggiungere nel proprio Paese lo stesso livello che ha raggiunto in URSS l’oligarchia del Cremlino. Non sono leader rivoluzionari del proletariato, ma pretendenti del dominio totalitario. Sognano di arrivare all’obiettivo grazie all’aiuto della burocrazia sovietica e della GPU. Guardano con ammirazione ed invidia l’invasione di Polonia, Finlandia, Paesi Baltici e Bessarabia da parte dell’Armata Rossa, in quanto tali invasioni portano immediatamente alla consegna del potere ai candidati stalinisti locali ed al dominio totalitario.
Non avendo fisionomia, idee, influenza indipendenti i caudillos delle sezioni del Comintern sanno anche bene che la loro situazione e la loro reputazione si conservano e sono collegate con la situazione del Cremlino. Dal lato economico, come dimostreremo più avanti, vivono delle elemosine della GPU. La loro lotta per la sopravvivenza si traduce così in un’esasperata difesa del Cremlino contro ogni opposizione.
Le ultime parole di Lev Trotsky
Mi trovo vicino alla morte per il colpo di un assassino politico … mi ha colpito nella mia stanza. Ho lottato con lui … entriamo … parliamo di statistiche francesi … mi ha colpito … Per favore, dica ai miei compagni … sono certo … della vittoria … della Quarta Internazionale … Avanti.