Pubblichiamo due schede sulla condizione dei contadini indiani e sulla loro lotta contro le riforme del governo Modi:
La coalizione di governo nazionalista Bharatiya Janata Party (BJP) dell’India, guidata dal reazionario e razzista primo ministro Modi, sta attuando una serie di riforme, nel tentativo di uscire dalla crisi economica già in atto prima della pandemia Covid, e da essa accentuata. Nel mese di novembre sono state approvate quelle riguardanti il settore agricolo. Un pesante colpo inferto ai milioni di piccoli contadini, che rappresentano l’85% degli agricoltori indiani.
Ma i contadini indiani non subiscono passivamente. Si sono messi in marcia a migliaia verso Delhi per esprimere con forza la loro protesta contro il governo, che ha cercato di fermali con barricate, filo spinato, spiegamento di polizia armata di manganelli, gas lacrimogeni… alla fine ha dovuto lasciarli entrare numerosi nella capitale.
In precedenza, erano state introdotte riforme della legislazione del lavoro, che hanno lo scopo di migliorare la “facilità di fare affari” e di facilitare per i datori di lavoro assumere e licenziare i lavoratori. (Di queste riforme parleremo in seguito)
India, crisi economica
Dai dati del governo risulta che l’economia indiana ha subito una contrazione record del 23,9% nel trimestre fino a giugno, il peggiore calo dal 1996. L’ex governatore della Banca centrale Raghuram Rajan paragonando l’India ad altri due grandi paesi colpiti dal virus come l’Italia e gli Stati Uniti, ha avvertito che “i dati dell’India saranno probabilmente peggiori quando avremo le stime dei danni nel settore informale”.
Le contrazioni per settore. Costruzioni 50,3%; Commercio e alberghiero 47%; Manifatturiero 39,3%; Industria 38,1%; Minerario 23,3%.
L’economia indiana, un tempo una delle economie a più rapida crescita nel mondo, sta recuperando lentamente e a fatica dalla fine del lockdown nazionale. Le restrizioni a livello locale continuano a causa dell’aumento dei casi di Covid-19, ostacolando l’attività economica. Alle difficoltà economiche si aggiunge la carenza di risorse fiscali del governo per dare un impulso all’economia, essendo stato superato il limite di deficit fiscale per l’esercizio in corso.
Le misure di stimolo dell’India sono state inferiori all’1% del PIL, tra le minori tra le maggiori economie mondiali.
Il Governatore della Banca Centrale indiana, Rajan, ha sollecitato il governo a fornire stimoli economici, avvertendolo che sta “sottovalutando” gli effetti a catena e i danni dell’attuale declino economico. Ha sottolineato che gli Stati Uniti, nonostante abbiano speso oltre il 20% del Pil in misure di agevolazione fiscale e creditizia, temono che l’economia non torni ai livelli del PIL pre-pandemico entro la fine del 2021.
I danni derivanti dal rallentamento causato dal coronavirus potrebbero trasformarsi in una crisi economica ancora più grande, un rallentamento strutturale anziché che ciclico.
Le imprese rinviano gli investimenti (o potrebbero anche chiudere) perché non c’è domanda, da cui problemi di disoccupazione e di salari, quindi minori consumi.
In dieci anni l’India ha avuto una crescita economica senza aumento di posti di lavoro; dopo il lockdown sono scomparsi 19 milioni di posti di lavoro nell’economia formale.
Il McKinsey Global Institute stima che l’India dovrebbe creare almeno 90 milioni di posti di lavoro non agricoli entro il 2030, se vuole assorbire tutti i giovani lavoratori che entrano nel suo mercato del lavoro.
E per riuscirci dovrebbe registrare un tasso di crescita di almeno l’8-8,5%, nel post Covid-19. McKinsey ha indicato al governo indiano una scadenza di 12-18 mesi per attuare una serie di riforme strutturali cruciali, nella Sanità e nel bancario; ha anche sostenuto la necessità di misure immediate per rendere i suoi mercati del lavoro più flessibili, migliorare le reti di sicurezza sociale e facilitare il clima per fare affari.
Le tre nuove leggi di riforma del mercato agricolo
La condizione dei piccoli contadini in India
Quando il raccolto del contadino è pronto, lo consegna ad un arhtiya (agente di commissioni), il quale lo pulisce, lo insacca, tratta con il governo, le banche, il mercato”. Il governo paga agli agenti il 2,5% del valore dell’approvvigionamento totale di grano e riso.
Gli arhtiya sono agenti di commissione, un collegamento tra gli agricoltori e gli acquirenti dei loro prodotti. Essi organizzano l’asta e la consegna del raccolto agli acquirenti. Da tempo sono anche prestatori di denaro. Negli ultimi anni sono emersi anche come grossisti, il che significa che esercitano un grande controllo sui contadini.
Gli arhtiya sono anche politicamente potenti. Contano tra loro dei membri dell’assemblea legislativa. Secondo uno studio sull’indebitamento degli agricoltori e dei braccianti agricoli nel Punjab rurale, l’86% degli agricoltori e l’80% delle famiglie di lavoratori agricoli sono indebitati. Oltre un quinto di questo debito era dovuto ad arhtiya e finanziatori. Il debito è più pesante tra gli agricoltori marginali e i piccoli agricoltori (nota 1).
Gli agricoltori ricevono il loro guadagno tramite questi agenti di commissione, i quali hanno anche le entrate derivanti dai prestiti di denaro.
Ad es. Nel solo villaggio di Jodhpur “Ci sono circa 450 famiglie. Di queste, solo 15-20 sono prive di debiti”. E a causa del debito i contadini devono cedere la terra agli arhtiya. Il peso di questi debiti è causa di numerosi suicidi.
Almeno 8.294 contadini e 6.373 braccianti agricoli si sono tolti la vita tra il 2000 e il 2015 in soli sei dei 22 distretti del Punjab. L’83% di tutti questi suicidi erano in gran parte dovuti al debito. Questi dati sono stati rilevati da uno studio dei ricercatori dell’Università Agricola del Punjab- PAU, Ludhiana, intitolato Suicidi di contadini e braccianti nel Punjab (Farmer and Labourer Suicides in Punjab).
[Aaa.com.tr 201126/Countercurrent; 201127 (National Alliance of People’s Movements – Alleanza nazionale dei movimenti del popolo); Bloomberg, 201126; Ruralindiaonline, 180702; Frontline, 201023; The Hindu, 200927]
Nota 1) Studio sull’indebitamento degli agricoltori e dei lavoratori agricoli nel Punjab rurale dell’Università del Punjab
Migliaia di contadini protestano contro le nuove leggi sul mercato agricolo dell’India
26 novembre 2020
Migliaia di contadini indiani, in marcia dai vicini stati del Punjab e dell’Haryana verso la capitale Nuova Delhi per protestare contro le tre nuove leggi di riforma del mercato agricolo, hanno dovuto affrontare barricate della polizia seguite dall’uso di gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.
La maggior parte dei media mainstream non ne parlano o bollano come antinazionalisti gli agitatori contadini.
La polizia aveva bloccato con barricate tutte e cinque le principali autostrade che portano alla capitale, ma i contadini hanno gettato le barricate nel fiume e hanno lanciato mattoni contro la polizia per entrare nella capitale.
Mercoledì 25 novembre, sono stati arrestati oltre 100 contadini che protestavano alle porte di Delhi, mentre altri 500 sono stati arrestati nel sud dell’India.
Diverse migliaia di loro, armati di bastoni e roncole, sono riusciti a entrare nella capitale per organizzare una protesta a livello nazionale.
Dopo aver impedito loro di entrare in città per due giorni, il governo è stato costretto a permetterglielo.
La maggior parte degli slogan delle proteste degli agricoltori rivendicano la garanzia dei prezzi minimi di sostegno, cioè le tariffe prestabilite (MPS) alle quali il governo centrale acquista i prodotti dagli agricoltori, indipendentemente dalle tariffe tassi di mercato, e sono stabilite all’inizio di ogni stagione di semina per 23 raccolti.
I contadini chiedono inoltre che le Tariffe prestabilite (MPS) siano rese universali, all’interno dei mandi (mercati riconosciuti) e all’esterno, in modo che tutti gli acquirenti – governativi o privati – debbano adottare queste tariffe come prezzo minimo al di sotto del quale non è possibile effettuare vendite.
A settembre, il governo indiano ha annunciato “tre riforme del mercato agricolo”, che serviranno a sfruttarli ancora di più, e minacceranno la sicurezza alimentare del Paese.
Le leggi mirano a cambiare il modo in cui i prodotti agricoli vengono commercializzati, venduti e immagazzinati in tutto il paese, inizialmente emesse sotto forma di ordinanze nel mese di giugno, sono state poi approvate sia nel Lok Sabha che nel Rajya Sabha durante la sessione di monsoni ritardata del mese di novembre, nonostante le proteste dell’opposizione.
Le tre riforme riguardano anche qualsiasi consumatore o azienda che acquisti prodotti agricoli al di fuori della Commissione per il Mercato dei Prodotti Agricoli (APMC).
Attualmente, gli agricoltori di tutta l’India possono vendere i loro prodotti solo nei mercati registrati più vicini, regolamentati dalle leggi statali, chiamati anche APMC.
La prima riforma, “Legge per lo Scambio e il Commercio (Promozione e Facilitazione) dei prodotti agricoli” del 2020 (Farmers’ Produce Trade and Commerce (Promotion and Facilitation) Bill), permette agli agricoltori di vendere il loro raccolto al di fuori dei Mandi (mercati) riconosciuti della Commissione per il mercato dei prodotti agricoli (Agricultural Produce Market Committee APMC) senza pagare tasse o imposte statali. [Liberalizzazione dei mercati]
La seconda riforma “Legge sui prodotti di base (emendamento), 2020” prevede modifiche alla Essential Commodities Act del 1955, deregolamentando la produzione, il magazzinaggio, la circolazione e la vendita di diversi prodotti alimentari importanti, tra cui cereali, legumi, oli alimentari e cipolle, tranne in caso di circostanze straordinarie. Il governo vuole incentivare un forte aumento degli investimenti privati nel mercato agricolo, nella trasformazione e nelle infrastrutture.
La terza riforma “Accordo (potenziamento e protezione) degli agricoltori sulla garanzia del prezzo e sui servizi agricoli” (Farmers [Empowerment and Protection] Agreement on Price Assurance and Farm Services Bill, 2020, facilita l’agricoltura (“su contratto”) con lavoro bracciantile interinale e la commercializzazione diretta.[1]
Le Organizzazioni degli agricoltori/contadini non sono state consultate in merito a queste nuove leggi. «I contadini diventeranno lavoratori salariati nella loro tessa terra», ha dichiarato Abhimanyu Kohar, coordinatore nazionale della Rashtriya Kisan Mahasangh – una federazione di 180 organizzazioni di contadini in India.
A beneficiare di queste ordinanze saranno le grandi aziende, non i piccoli contadini, che in India sono l’85% degli agricoltori, e non dispongono di strutture di stoccaggio.
La polizia di Delhi (dove è in atto una seconda ondata di coronavirus, con oltre 6.000 casi al giorno) con un appello su Twitter, ha giustificato le misure di repressione della marcia con il rischio di contagio da Coronavirus.
(In India ci sarebbero stati finora un totale di 9,26 milioni di casi di COVID-19. con 135.223 morti.)
Perché le proteste sono molto forti in alcuni Stati?
Secondo i dati del Ministero dell’Agricoltura, negli ultimi cinque anni più della metà di tutti gli acquisti governativi di grano e riso sono stati nello stato del Punjab e Haryana. Più dell’85% del grano e del riso coltivati in Punjab, e il 75% di quello coltivato in Haryana, sono acquistati dal governo a tassi MSP. I contadini di questi Stati temono che senza il prezzo minimo garantito (PSM) i prezzi di mercato crollino.
Questi Stati sono anche i più investiti nel sistema APMC, con una forte rete mandi, un sistema ben oliato di arthiyas o agenti di commissione[2], e di strade che collegano la maggior parte dei villaggi ai mercati notificati e permettono agli agricoltori di portare facilmente i loro prodotti sul mercato. Il governo del Punjab applica una tassa mandi (di mercato) del 6% (insieme a una tassa del 2,5% per la gestione degli approvvigionamenti centrali) e ricava da queste tasse un reddito annuo di circa €395605 (₹3.500 crore). [un crore è pari a 10milioni]
Partiti politici regionali e i governi degli Stati non BJP temono la perdita di entrate derivanti dalle tasse e dalle imposte mandi, che attualmente vanno dall’8,5% in Punjab a meno dell’1% in alcuni Stati.
La maggior parte del mercato agricolo avviene già al di fuori della rete mandi, con solo 7.000 mercati APMC operanti in tutto il paese. Bihar, Kerala e Manipur non seguono affatto questo sistema. Tuttavia, la maggior parte degli acquirenti privati sono attualmente piccoli commercianti presso i mandis locali. L’eliminazione dei limiti di stock e la facilitazione dell’acquisto e dello stoccaggio all’ingrosso attraverso l’emendamento al Essential Commodities Act potrebbe far entrare i grandi investitori aziendali nell’agricoltura, dove i piccoli contadini non potrebbero far loro concorrenza a causa degli investimenti necessari.
Note:
1) Studio sull’indebitamento degli agricoltori e dei lavoratori agricoli nel Punjab rurale dell’Università del Punjab
2) L’agricoltura “su contratto” è un accordo tra agricoltori/contadini e imprese di trasformazione e/o commercializzazione per produrre e fornire prodotti agricoli nel quadro di accordi a termine, spesso a prezzi prestabiliti. La base di tali accordi è l’impegno da parte dell’agricoltore/contadino a fornire un prodotto specifico in quantità e a standard qualitativi determinati dall’acquirente e l’impegno dell’azienda a sostenere la produzione dell’agricoltore e ad acquistare il prodotto.
3) Gli Arhtiyas sono agenti di commissione, un collegamento tra gli agricoltori e gli acquirenti dei loro prodotti. Essi organizzano l’asta e la consegna del raccolto agli acquirenti. Da tempo sono anche prestatori di denaro. Negli ultimi anni sono emersi anche come grossisti, il che significa che esercitano un grande controllo sui contadini.
Gli arhtiyas sono anche politicamente potenti. Contano tra loro i membri dell’assemblea legislativa. Ben l’86 per cento degli agricoltori e l’80 per cento delle famiglie di lavoratori agricoli sono indebitati, oltre un quinto di questo debito era dovuto ad agenti e finanziatori (da uno studio sull’indebitamento degli agricoltori e dei lavoratori agricoli nel Punjab rurale dell’Università del Punjabi).