Il significativo indebolimento economico del Venezuela, legato alla diminuzione del prezzo del petrolio ha reso possibile l’annuncio ufficiale sulla ripresa dei rapporti fra Usa e Cuba. Ma la svolta è stata preparata nel tempo da entrambe le parti. Da ultimo in ottobre il segretario di Stato Kerry ha ringraziato ufficialmente Cuba per il suo aiuto nella lotta contro Ebola.
La spaccatura fra Cuba e Usa risale al 1959, quando Fidel Castro prende il potere e nazionalizza oltre un miliardo di beni americani sull’isola. Tra il 1960 e il 1962 Kennedy impone sanzioni, poi l’embargo e la rottura di ogni rapporto diplomatico.
Da allora la comunità cubana negli Usa (oggi forte di 1,5 milioni che per l’80% vivono in Florida e 650 mila nella sola Miami), formata principalmente di anti-castristi, esuli espropriati, si è trasformata in una potente lobby (la Cuban American National Foundation), che ha spesso condizionato la politica estera statunitense. Ogni presidente Usa ha dovuto fare i conti con il pacchetto di voti dei “latinos” all’interno dei quali i cubani sono particolarmente ben organizzati e aggressivi, in grado di contribuire con 3 milioni di $ alla campagna elettorale per il Congresso, secondi per importanza solo alla lobby ebraica. Secondo Foreign Policy la Cuba Lobby ha ispirato scelte politiche “anacronistiche e irrazionali”, fra cui la continua reiterazione dell’embargo, che è del tutto contrario agli interessi Usa.
Da anni premono per riprendere gli affari con Cuba sia l’industria turistica (che ipotizza un giro d’affari di 4 milioni di visitatori l’anno), che il settore agricolo e agroalimentare, chi produce materiale edile e componenti per le telecomunicazioni, le banche e gli armatori (Bloomberg 17 dicembre). In gioco non ci sono solo investimenti e commercio con Cuba, ma anche il complesso rapporto diplomatico, economico e militare con l’intera America Latina (e le sue coalizioni commercial politiche). Gia nel 2009 Obama ha allentato le sanzioni in vista del “vertice delle Americhe”, come segnale della fine dell’era Bush: possibilità per gli esuli cubani di visitare i parenti a Cuba, 600 mila lo fanno nell’anno successivo; aumento da 500 a 2000 $ del tetto per le rimesse degli esuli stessi, tanto che l’ammontare totale delle rimesse passa da 1 miliardo di $ nel 2009 a 3 nel 2013 e il governo cubano si prende 20 cent ogni dollaro che entra; possibilità per le ditte Usa di tlc di acquisire licenze a Cuba. Allettante per il governo Usa anche la prospettiva di far ridiventare il Golfo del Messico un mare interno statunitense.
Tutto questi influenza l’opinione pubblica: è dal 1999 che nei sondaggi Gallup la maggioranza degli statunitensi auspica la fine dell’embargo. Secondo Stratfor (cioè secondo la CIA cfr 23 dicembre 2014), Cuba del resto non è una minaccia strategica per gli Usa dal 1991 come non lo è il Venezuela.
Tuttavia la normalizzazione (che per ora è una dichiarazione di intenti perché l’eliminazione dell’embargo deve essere ratificata dal Congresso) troverà ostacoli, principalmente da parte dei repubblicani, come il senatore della Florida Marco Rubio, figlio di un esule cubano della prima ora, e Jef Bush ex Governatore della Florida, ansiosi di conservare l’appoggio dei loro elettori di origine cubana, soprattutto anziani. La maggior parte dei democratici invece punta elettoralmente sui giovani, ormai del tutto integrati negli Usa, che non sognano di tornare o di recuperare i beni perduti dai nonni, ma solo di poter fare le vacanze a Cuba o di poterci investire. D’altro canto anche se i tempi di realizzazione dell’accordo fossero molto lunghi, gli Usa non hanno motivi impellenti di avere fretta, godono già di un vantaggio internazionale avendo annunciato la possibilità di un accordo (Stratfor 23 dic)
Da parte sua anche Raoul Castro deve affrontare una forte opposizione interna. Ma il calo del prezzo del petrolio rende evidente a tutti che il Venezuela potrebbe non essere più in grado di mantenere i generosi sussidi forniti al regime di Castro: i 100 mila barili di greggio al giorno al prezzo politico di 23 $ al barile, in parte consumati, in parte rivenduti dall’isola (fonte ISPI).
Cuba ha già fatto una analoga esperienza fra il 1991-93, quando la Russia tagliò gli aiuti che l’Urss forniva a Cuba dal 1961 (5 miliardi di $ all’anno secondo calcoli Usa), ritirò tecnici ed esperti militari, ridusse la fornitura di petrolio a un quinto (meno di 3 milioni di barili annui), non comprò più lo zucchero cubano. Il PIL di Cuba crollò del 33%, a Cuba vennero a mancare cibo, medicine, petrolio. Usa ed Europa rafforzarono l’embargo. L’Avana di notte rimaneva spesso al buio. La recessione durò a lungo, la sopravvivenza di Cuba ebbe costi altissimi; ci furono casi di malnutrizione e malattie da carenza alimentare. Solo il timore di una invasione americana consenti ai Castro di conservare unito il paese.
A metà degli anni ’90 Raoul Castro, allora Ministro della Difesa e dal 2007 presidente al posto di Fidel, manda i più alti ufficiali delle forze armate all’estero a studiare economia moderna e management, i militari prendono progressivamente il controllo della produzione della canna da zucchero, quella dei sigari, la biomedicina, il turismo, le linee aeree.
Contemporaneamente Fidel Castro introduce progressivamente elementi compatibili col libero mercato: la possibilità di creare attività autonome imprenditoriali per 400 mila cubani (da tassista a commerciante, da idraulico a costruttore edile). E’ permesso il secondo lavoro ai dipendenti. E’ legale acquistare una casa, un terreno, un’automobile, un PC o un telefonino. Il problema è avere i soldi per comprarli visto che il salario mensile medio è di 20$ . Nel 2011 viene incoraggiata la creazione di cooperative, che occupa 500 mila operai, il 10% della forza lavoro. Il regime resta però fedele ad alcune garanzie sociali (ottime scuole, buona sanità, basso costo degli affitti); questo spiega come salari da fame convivano con un indice di sviluppo umano particolarmente buono (6° paese su 108 nel 2009), perché scuola, assistenza sanitaria sono garantiti, un welfare che Stratfor giudica “troppo costoso” e inefficiente (cfr 21 settembre 2010).
Cuba si affranca dalla monocultura dello zucchero: già nel 1995 le entrate da turismo sorpassavano quelle per l’export di zucchero. Inoltre Cuba è un importante esportatore di vaccini antivirali, in particolare in Russia Cina India e Pakistan e ha un surplus di medici. I salari sono bassi, ma almeno fino al 1994 il ventaglio delle retribuzioni era contenuto, poi , con lo sviluppo del turismo e l’apertura a investimenti stranieri molti elementi di ineguaglianza sono comparsi, legati anche al doppio standard monetario. Nel 1994 diventa legale l’uso del dollaro come moneta; il dollaro consente di acquistare merci in appositi negozi; li si recupera dalle rimesse degli immigrati, se si lavora nel turismo o in aziende di proprietà di stranieri. Il livello di vita dipende dal fatto che si possieda o no dollari. (o in alternativa euro). Di conseguenza anche il peso cubano si divide in due: il peso non convertibile e il peso convertibile in dollaro (o CuC che si rivaluta progressivamente.). Solo nel 2013 si decide di cominciare progressivamente ad avvicinare il valore delle due monete.
Dal 1998 Cuba scambia con l’Iran petrolio contro la costruzione in Iran del più grande centro di ingegneria genetica e biotecnologia della regione.
Dal 1999 il Venezuela di Chavez propone a Cuba un asse, culminato con la creazione della Alleanza bolivariana nel 2005: Cuba scambia 30 mila medici contro 37 milioni di barili di petrolio all’anno. I Venezuelani rimettono anche in funzione le quattro raffinerie di Cuba, il che consente loro di vendere direttamente il proprio petrolio e finanzia l’esplorazione sulle coste cubane per trovare depositi di greggio (oggi in questa operazione sono impegnate la spagnola Repsol, la brasiliana Petrobas e la norvegese Statoil Hidro)
Su pressione della Spagna di Zapatero l’Unione Europea nel 2005 allenta i legami con l’opposizione cubana per migliorare i rapporti con l’isola. Ma questo si traduce principalmente nello sviluppo del turismo europeo nell’isola, agevolato dai bassi costi di alberghi e trasporti; solo nella primavera 2014, con le prime difficoltà del Venezuela, si comincia a negoziare un accordo commerciale e relativo agli investimenti.
Sempre nel 2005 arrivano i primi consistenti investimenti della Cina nelle miniere di nickel a Holguin.
Nel 2012 gli Usa diventano i primi fornitori di alimentari e prodotti agricoli a Cuba (pari al 35% dei bisogni dell’isola). Nel 2013 è stata creata la prima Zona economica Speciale per investitori stranieri.
L’annuncio di Obama ha tracciato le linee guida di un possibile accordo:
– ristabilimento pieno delle relazioni diplomatiche (finora era l’ambasciata svizzera a fare facente funzione per i cittadini USA),
– Cuba sarà tolta dalla lista degli stati “terroristi”,
– abolite le restrizioni per gli investimenti Usa e per i viaggi degli statunitensi,
– aumentato il tetto per le rimesse annuali dei cubani che vivono negli Usa da 2000 a 8 mila $.
Molti media si stupiscono del fatto che gli Usa non hanno chiesto nessuna garanzia su diritti umani o democrazia formale. Dopo le recenti rivelazioni sulla CIA è uno stupore quantomeno ipocrita. In ogni caso Obama è evidentemente convinto che sarà “re profitto” ad accelerare i mutamenti anche politici a Cuba.