Settant’anni fa, il crollo militare del fascismo nel nord d’Italia. Il regime che aveva schiacciato un proletariato già in ritirata dopo la fine dell’occupazione delle fabbriche, portato l’Italia per la seconda volta in un massacro mondiale e ancora prima nelle guerre contro l’Etiopia e a fianco del golpe franchista, attuato stragi, rastrellamenti e torture nei territori occupati militarmente, instaurato un sistema repressivo senza precedenti, fatto il cane da guardia per l’esercito nazista, veniva definitivamente abbattuto.
Non veniva abbattuta la borghesia italiana che di quel regime aveva finanziato, coperto e spinto avanti le forze politiche, grazie alle quali aveva represso il movimento operaio prima con le incursioni squadriste contro le case del popolo e gli esponenti socialisti, comunisti e cattolici, poi con le leggi speciali, il confino, i tribunali speciali. La classe sociale che grazie al fascismo aveva ampliato i margini di sfruttamento, mandato un’altra generazione di giovani al massacro, si era già riciclata da due anni nell’antifascismo col golpe del 25 luglio.
L’antifascismo “patriottico” nato da quella data è riuscito da un lato a riportare il territorio nazionale sotto il controllo di quello stato e di quella stessa borghesia che aveva favorito l’andata al potere delle camicie nere, dall’altro a sostituire il regime a partito unico con un sistema parlamentare che permettesse un controllo più efficiente della classe lavoratrice, concedendo alcune libertà formali ma mantenendo intatto l’apparato repressivo, da usare ogni volta che ce ne fosse stato bisogno, tanto che diverse norme del famigerato Codice Rocco sono in vigore ancora oggi, a partire dal foglio di via, strumento usato anche recentemente per la repressione degli scioperi. Un apparato che venne poi rafforzato: è negli anni della Repubblica “fondata sul lavoro” e non sotto il fascismo che è stata creata la Celere.
Alla caduta della Repubblica di Salò avevano contribuito innanzitutto i lavoratori, i perseguitati dalle leggi razziali, i giovani che sfuggivano alla coscrizione obbligatoria, in una parola le vittime del fascismo, ma la trasformazione politica volgeva a vantaggio dei suoi vecchi complici.
Nella Resistenza non sono certo mancati i militanti che volevano trasformarla in una lotta di liberazione dal sistema sociale che aveva prodotto il fascismo e le sue guerre. Militanti che spesso avevano una visione distorta di cosa fossero l’Unione Sovietica e i partiti ad essa collegati, ma che non combattevano certo per cavare le castagne dal fuoco ai capitalisti italiani. E’ mancata una direzione politica che unisse i lavoratori in armi sulle montagne con quelli delle pianure contro tutti gli sfruttatori, italiani e tedeschi, nazifascisti e liberali. E’ soprattutto mancato un movimento comunista internazionale che trasformasse la guerra imperialista in rivoluzione.
Il 1945 non ha cancellato né le forze fasciste né le sue forme. Negli anni della Repubblica democratica gli avanzi della Repubblica Sociale hanno spesso fornito le proprie esigue forze in appoggio ai governi più reazionari. In tempi recenti il razzismo di stato ha creato i CPT e i CIE, veri e propri campi di concentramento per immigrati irregolari, mentre la chiusura delle frontiere trasforma l’immigrazione in una strage continua. Nuove formazioni fasciste alleate col razzismo liberale fanno leva sulle divisioni fra italiani e stranieri per trasformare ogni possibile tensione sociale in una guerra fra poveri. Nella giornata di oggi a Napoli lo stato italiano protegge la sede dei fascisti dalla manifestazione antifascista. La lotta contro il fascismo non può certo dirsi cosa del passato.
Ma una vera lotta contro il fascismo non può che rivolgersi contro quel capitalismo che lo ha fatto nascere e contro quella democrazia borghese che lo ha sostituito per continuarne il lavoro. Solo eliminando un sistema sociale basato sullo sfruttamento potremo farla finita con gli apparati repressivi statali – liberali o autoritari che siano – e gli squadrismi di ogni tipo.