Ancora un alluvione a Genova. Un morto, danni stimati per 200 milioni di euro.
La causa scatenante è una pioggia scrosciante che i meteorologi dicono di non avere previsto. Un forte maltempo che ha fatto danni anche in molte altre località del nord Italia. Ma che soprattutto ha colpito una città congestionata da viuzze e palazzi, dove periodicamente le piogge intense danno il via ad esondazioni ed allagamenti.
Quello ligure è un territorio a rischio: i versanti scoscesi, sulla costa battuti da un mare che tende ad eroderne la base ed esposti alle intemperie gonfiate dall’umidità marina, sono particolarmente soggetti a frane e smottamenti; nelle zone più interne, la pioggia i suoi torrenti che da asciutti si gonfiano velocemente fino ad esondare.
Ma le peggiori catastrofi non avvengono tanto in terreni poco antropizzati quanto nelle città, dove l’azione umana avrebbe meglio potuto contenere e domare la furia degli agenti atmosferici mettendo in sicurezza un territorio fragile.
Ma invece che costruire canali scolmatori, dighe e bacini per frenare l’impeto delle acque, invece che mantenere spazi di sfogo per le piene, si è preferito restringere l’alveo dei torrenti per costruire palazzi che ostruiscono il flusso dell’acqua e strade che la pioggia trasforma in fiumi. Scelte compiute ai tempi dell’edilizia selvaggia e della sua speculazione degli anni ’60 e ’70 che vedevano ampliare di mese in mese tutti i quartieri (ad eccezione del centro storico) genovesi per venire incontro alle richieste abitative di una città in espansione.
E’ questo il motivo per cui una città ad alta densità abitativa è tanto vulnerabile alle alluvioni: quella del 4 novembre 2011 ha causato 6 morti, quella del 4 ottobre 2010, prima ancora nel 1993, nel 1992… la più pesante nel 1970 con 44 morti.
Ad ogni disastro “naturale” (che nasce da cause naturali ma diventa tragedia per l’azione artificiale dell’uomo sull’ambiente) seguono le accuse, in gran parte sottoscrivibili: perché l’urbanizzazione non ha tenuto conto dei limiti ambientali? Perché vi sono state delle deroghe alle norme di salvaguardia? Perché i geologi sono rimasti inascoltati?
Perché, rispondiamo noi, chi amministra un territorio è tenuto ad ascoltare innanzitutto chi lo ha fatto eleggere: chi gli ha fornito i soldi per la campagna elettorale (e non parliamo certo di operai o impiegati), chi ha garantito che i mass media lo mettessero in buona luce di fronte agli elettori, chi ha interessi economici che devono prevalere sulla salvaguardia ambientale. Perché la borghesia per esistere deve produrre profitto oggi, anche se questo significa devastare il territorio e mettere a repentaglio lo stesso apparato produttivo domani.
Il capitalismo ha fornito all’uomo la capacità di migliorare la propria esistenza controllando la natura, ma usa il pianeta come mero strumento di produzione da sfruttare fino a mettere a repentaglio la stessa esistenza della specie umana.
Solo un sistema basato sui bisogni dell’umanità e non sul profitto può mettere fine al saccheggio ambientale oltre che a sfruttamento e a guerre.