Il decreto manganello è legge. Ma la lotta contro lo stato di polizia e di guerra è appena agli inizi.

Con un flash mob tra l’osceno e il grottesco le destre al governo festeggiano la conversione definitiva del decreto legge manganello in legge. Dobbiamo ammetterlo: hanno le loro ragioni per farlo. Volevano portare a casa il DDL 1660 così com’era (nella sostanza), e con l’aiuto determinante di Mattarella, ce l’hanno fatta.

14 nuovi reati, 9 aggravanti di pena per intimidire e colpire duro, se l’intimidazione non basta, la lotta operaia, le lotte sociali, le proteste ambientaliste e – forse più di ogni altro bersaglio – la lotta contro la corsa all’economia di guerra e alla guerra. E per ergere protezioni di ferro a tutela di qualsiasi operato, anche sanguinario, dei corpi della repressione di stato e dei servizi segreti.

Non è un caso che il nuovo colpo di mano al senato, per chiudere la partita, sia avvenuto all’indomani dell’intesa cordiale tra Meloni e Macron sul “sostegno incrollabile all’Ucraina”. Un sostegno incrollabile affinché, da stato-pariah qual è diventato, l’Ucraina continui ed intensifichi la sua guerra suicida alla Russia, negli interessi dell’Italia, della Francia, dell’Unione europea, della NATO.

Come abbiamo sostenuto dal primo momento, il salto di qualità della repressione statale formalizzato dal parlamento, esecutore delle volontà del governo e del grande capitale, è il prodotto della corsa al riarmo, all’economia di guerra, alla preparazione di una guerra inter-imperialistica globale di cui ormai si rivendica la necessità senza pudore. Da Starmer a Crosetto, si proclama apertamente che bisogna cominciare ad educare alla necessità di entrare in guerra “il popolo”, cioè la grande massa di coloro che vivono, o sopravvivono, del proprio lavoro salariato, e della corsa alla guerra saranno, già sono, chiamati a pagare i tragici costi.

Se qualcuno si aspettava che l’opposizione di sua maestà di Pd-M5S-AVS facesse strenua battaglia almeno in parlamento, è servito. Non hanno fatto ricorso neppure all’ostruzionismo! E tanto basti. Una trentina di cartelli, un po’ di scene ginniche per le tv e i social, e morta lì.

Non staremo qui a ripetere che l’armamentario repressivo da stato di polizia messo in piedi negli ultimi 30 anni è frutto del centro-sinistra non meno che delle destre: creazione dei CPR e decreti-Minniti, due riferimenti che dicono tutto. Come dice tutto una battuta della Schlein: volete garantire la sicurezza in Italia, e mandate i poliziotti in Albania a fare la guardia a due campi vuoti.

L’opposizione vera poteva venire solo dalle piazze. Dai luoghi di lavoro, dalla classe lavoratrice anzitutto, dalle scuole, dai movimenti sociali. E qualcosa, senza dubbio, si è mosso. Ma poco, troppo poco, tardi, troppo tardi per bloccare la marcia del DDL 1660, un “provvedimento strategico” – a detta del ministro di polizia Piantedosi.

Avremo modo, con maggiore calma e una discussione collettiva, di ragionare su ciò che la Rete Libere/i di lottare è riuscita a fare, e ciò in cui – invece – è mancata, e sulle cause oggettive e soggettive di una battaglia data, ma perduta. Nonché sulla inconsistenza – alla prova dei fatti – e sulle finalità smaccatamente elettoralistiche delle iniziative della Rete A pieno regime scivolata, alla fine, verso una street parade, con l’esito di trasformare un momento che doveva essere di lotta in un’adunata festaiola in clamorosa, e persino surreale, contraddizione con gli appelli a fermare “la morte della democrazia”…

Non ci eravamo mai illusi di poter fermare questa autoblindo in moto con uno sbarramento di forze all’altezza delle necessità. Ma ora che la legge manganello è entrata in vigore, la battaglia andrà concentrata contro la sua applicazione. E non potrà essere fatta efficacemente senza un adeguato bilancio del lavoro di questi mesi e dei suoi limiti, né scansando accuratamente il nesso fondamentale stato di polizia-stato di guerra, o protestando in modo generico contro la “deriva autoritaria” senza vederne le radici da attaccare.

Ora che il decreto è passato, bisogna interrogarsi tutti per capire come continuare a fronteggiarlo, partendo dalla convinzione che il maggior antidoto è e resta lo sviluppo di lotte, picchetti, blocchi stradali che ne mettano concretamente in discussione la legittimità: ma con la consapevolezza che da oggi tutto ciò sarà più difficile e chiamerà ogni movimento sociale, sindacale e politico a una maggiore preparazione e pianificazione.

Il decreto-manganello è legge. Ma la lotta contro lo stato di polizia e di guerra è appena agli inizi. Ed anche su questo fronte sarà essenziale il collegamento alle forze che sono mobilitate in tanti altri paesi contro politiche analoghe a quelle del governo Meloni-Mattarella, e talvolta ancora più feroci.