Come era prevedibile, le elezioni in Giappone per il rinnovo di metà dei voti della Camera Alta (nota 1) hanno favorito i partiti conservatori. È il previsto “effetto ABE”, cioè la conseguenza dell’assassinio venerdì 8 luglio dell’ex premier Shinzo Abe da parte di Tetsuya Yamagami. La vicenda ha suscitato grande dibattito, non solo in Giappone, ma nel mondo, non tanto per gli esiti elettorali, ma per le possibili conseguenze sulla politica estera giapponese e il riarmo in Asia.
Chi era Abe e quali conseguenze potrebbero derivare dal suo assassinio
Shinzo Abe, leader della più importante corrente dello Jiminto, il Partito Liberal democratico (LDP), attualmente al governo con il Komeito (nota 2), aveva 68 anni. Figlio d’arte, perché imparentato con leaders storici molto importanti (nota 3), è stato un “politico estremamente divisivo”, un “falco” nazionalista e conservatore.
È stato primo ministro dal 2006 al 2007, e successivamente dal 2012 al settembre 2020, quando si è dimesso per motivi di salute (il premier attuale, riconfermato, è Fumio Kishida). Per i progressisti giapponesi incarnava la rinascita del militarismo, delle ambizioni imperiali del vecchio Giappone, con più di una sfumatura razzista (nota 4). Sosteneva infatti che, a quasi ottant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, il Giappone doveva cominciare a comportarsi come un “paese normale”, legittimato a difendere i suoi interessi geopolitici, soprattutto nel quadro di un Nord Est asiatico ostile. E additava come esempio la Germania e il suo ruolo nella Nato. Per questo ha proposto di modificare la Costituzione del 1947, in particolare l’art.9, secondo il quale il Giappone rinuncia al diritto alla belligeranza e al possesso di un potenziale militare. Dagli anni ’50 l’articolo è stato continuamente aggirato, creando un esercito, comprensivo di marina e aviazione, semplicemente chiamato “Forze di autodifesa”.
Tuttavia la spesa militare è sempre stata contenuta entro l’1% del PIL. Nell’ultimo decennio Abe ha chiesto con forza di raddoppiare la spesa e di arrivare almeno al 2%.
Due i nemici da combattere che additava al proprio paese: la Corea del Nord e la Cina. Da sempre Abe sottolineava che gli Usa, ma anche molti altri paesi “amici”, sottostimavano la minaccia rappresentata dalla Corea del Nord. E non mancava di approfondire in ogni occasione “la minaccia a lungo termine, esistenziale” rappresentata dalla Cina.
Il suo secondo mandato comincia nel 2012 al momento di massima tensione con la Cina, quando Tokyo si attribuisce, con l’avallo degli Usa, la proprietà delle isole disabitate Diaoyu/Senkaku, rivendicate da Pechino ma anche da Taiwan. Le dispute territoriali nel Mar Cinese Orientale sono da tempo una fonte di attrito tra i due Paesi. Di recente Abe aveva difeso l’indipendenza di Taiwan e diffidato Pechino dal tentare di occuparla, se non voleva doversi confrontare con Usa e Giappone.
Sempre per difendere il suo ruolo di garante regionale contro l’espansionismo cinese, Abe ha stretto partnership bilaterali con paesi come Indonesia, Vietnam, Filippine e ha invitato più volte il governo Usa a schierarsi apertamente.
Per questo è stato se non l’artefice certo uno degli ispiratori più determinati del Quad, una alleanza strategica informale fra India Australia, Giappone, USA, da alcuni considerato una sorta di “Nato asiatica”; un quadrilatero di nazioni che sorvegliasse e limitasse l’ascesa della Cina nell’Indo Pacifico. L’idea, lanciata nel 2007, sposata senza remore da Trump, come risposta alla Nuova via della Seta della Cina, ha preso via via consistenza dal 2017 (vedi APPENDICE 2).
Il Global Times, giornale in inglese, ma ispirato dalla leadership cinese, in particolare dalle Forze armate, non ha mancato di lanciare subito l’allarme dopo l’assassinio di Abe, agitando il timore che l’omicidio rafforzi la destra militarista giapponese, che potrebbe scegliere di uscire dalla recessione economica e dalle contraddizioni sociali con una guerra nel teatro del Pacifico (Appendice 2).
La possibile riforma dell’art.9 della Costituzione del 1947
Dopo le elezioni di domenica 10 luglio, i due partiti di governo possono contare sui due terzi dei seggi delle due Camere del Parlamento giapponese, quindi possono emendare la Costituzione, contando anche sull’appoggio di due partiti destrorsi all’opposizione, cioè il Japan Innovation Party e il Partito Democratico per il Popolo.
Abe non ha mai tentato seriamente di procedere alla riforma della Costituzione, sapendo che tutti i sondaggi davano la popolazione giapponese largamente contraria. Lo scrupolo di Abe non aveva niente a che vedere col “rispetto dalla volontà del popolo”. In tutte le democrazie capitalistiche, compresa l’Italia, l’esecutivo prende decisioni impopolari, perché risponde ai poteri forti che sostengono i partiti al governo, più che al “popolo”. Infatti in Italia l’opinione pubblica era contraria a inviare armi in Ucraina e a portare le spese militari al 2%, ma Draghi ha tranquillamente ottenuto il voto del Parlamento e proceduto. La riforma della Costituzione adesso ha i numeri alla Dieta. Ma va detto che il Parlamento rappresenta solo metà dei giapponesi. Anche alle ultime elezioni ha votato solo il 52,16%. E per approvare la riforma della Costituzione il voto del Parlamento deve essere avallato da un Referendum. Abe non si è mai sentito sicuro di vincerlo.
Tuttavia l’onda emotiva suscitata dal suo assassinio, secondo alcuni commentatori, potrebbe essere utilizzato come pressione psicologica sugli elettori, qualcuno ha addirittura evocato “l’incendio del Reichstag” (nota 5).
Kishida, che in campagna elettorale non aveva parlato né di riarmo né di modifica della Costituzione, ha davanti a sé del tempo prima delle prossime elezioni politiche, previste per l’ottobre 2025. Per ora, all’indomani delle elezioni, si è limitato a garantire che entro 5 anni Tokyo “rafforzerà drasticamente la difesa”, anche in risposta alle incertezze provocate dall’attacco russo all’Ucraina. Nei mesi precedenti sia Kishida, considerato “una colomba”, che il suo ministro degli esteri Hayashi, già presidente dell’Associazione parlamentare d’amicizia Cina-Giappone, hanno dovuto fare i conti con un aumento delle tensioni internazionali in Asia.
Ci sono stati ripetuti lanci di missili balistici ipersonici da parte della Corea del Nord e sempre più frequenti incursioni della Guardia costiera cinese nelle acque territoriali intorno alle isole Senkaku. In cambio la recente elezione del nuovo presidente sudcoreano Yoon Suk-Yeol, sembra preludere ad un atteggiamento di maggiore rigidità nei confronti della Corea del Nord e di apertura agli Usa. La Cina ha già espresso il suo malcontento, tanto più che la Corea del sud è in piena corsa agli armamenti, in particolare nel campo dei missili e dei sottomarini nucleari. la Corea del Sud è una delle dieci maggiori economie a livello globale e Busan è il sesto porto al mondo per traffico. Elementi che aumentano l’insicurezza del Nord est asiatico.
Il 23 2 il 24 maggio 2022 Tokyo ha ospitato il vertice QUAD. Durante il summit Jet militari cinesi e russi hanno volato, in un’esercitazione militare congiunta, sul Mar del Giappone e sul mar Cinese orientale. Prima di arrivare a Tokyo, Biden ha fatto tappa in Corea del sud, per garantirsi la fornitura di semiconduttori e l’adesione almeno preliminare del paese.al Quad. Il meeting si è concluso con l’impegno dei quattro membri a investire oltre cinquanta miliardi di dollari in assistenza alle infrastrutture nell’Indo-Pacifico nei prossimi cinque anni. Mentre il Giappone a esplicitamente condannato l’invasione russa, l’India si è opposta a un comunicato congiunto sull’Ucraina e anche in relazione a Taiwan ci si è limitati ad affermare che i quattro si oppongono “a ogni azione coercitiva, provocatoria o unilaterale che cerchi di cambiare lo status quo e aumenti le tensioni nell’area”. Oltre alle proteste formali la Cina ha reagito con l’invio di missioni diplomatiche in 7 paesi insulari (nota 6).
Per il Giappone superare la soglia dell’1% del PIL è una soglia “psicologica”, ma anche economica, perché andrebbe ad aumentare il debito pubblico giapponese già schizzato alle stelle per le pregresse scelte di politica interna dell’attuale governo.
Ma il fatto stesso che Kishida ponga comunque all’ordine del giorno la questione del riarmo giapponese è di estrema importanza, tenuto anche conto che questo si combina al riarmo tedesco, riarmo che prende a pretesto l’attacco all’Ucraina. Le due novità in due diversi scenari mondiali, peraltro contigui, con la presenza di una regia (o l’ambizione di una regia) dello stesso imperialismo, inciderà sul futuro dei rapporti internazionali (cfr Appendice 3).
NOTE
- La Camera Alta (Sangiin) o dei Consiglieri è l’erede dell’anteguerra Camera dei pari, ha 242 membri, il suo mandato vale 6 anni, non può essere sciolta, ma metà dei membri sono rinnovati ad ogni elezione. Si contrappone alla Camera Bassa o dei Rappresentanti, che dura 4 anni. Se le due camere esprimono posizioni diverse in materia di trattati internazionali, bilancio o designazione del primo ministro, prevale la Camera dei rappresentanti. In tutte le altre occasioni, la Camera dei rappresentanti può superare una posizione contraria della Camera dei consiglieri solo mediante un’approvazione con la maggioranza dei due terzi dei membri.
- Il Liberal Democratic Party ha dominato incontrastato i governi giapponesi dal 1955 al 2009; all’opposizione per un breve periodo, poi di nuovo dal 2012 ad oggi. Il Komeito è ispirato al buddismo giapponese. Una sua corrente, più conservatrice si è alleata al governo con l’LDP di Abe.
- suo nonno Kishi Nobusuke è stato un funzionario di alto rilievo del Mancikuo, lo stato fantoccio creato dall’esercito giapponese nel nord della Cina durante la Seconda guerra mondiale. Incarcerato come sospetto criminale di guerra, si è riciclato come sostenitore degli Stati Uniti, tanto da diventare primo ministro a fine anni ’50.Il padre Shintarō era a capo di una corrente dell’LDP, ebbe numerosi incarichi di governo e di partito; fu implicato nello scandalo Recruit. La madre di Shinzo era figlia del primo ministro Nobusuke Kishi, e nipote del primo ministro, Eisaku Satō.
- secondo alcuni il luogo della sua morte, Nara, non è casuale, perché abitata da una minoranza di origine coreana, gli zainichi, molto discriminati durante i governi Abe. Perseguitati in maniera pesante dal gruppo di destra estremista Zaitokukai, che ostentava di voler “ripulire il Giappone dai coreani”, il governo non è mai intervenuto a far rispettare la legge.
- L’incendio del Reichstag fu un incendio doloso al Palazzo del Reichstag a Berlino avvenuto il 27 febbraio 1933. L’evento è considerato cruciale per l’affermazione del nazionalsocialismo in Germania.
- Accanto al Quad, Biden ha incentivato l’IPEF, cioè la “Cornice economica per la prosperità dell’Indo-Pacifico”, una piattaforma di cooperazione che coinvolge Australia, Giappone, Brunei, India, Indonesia, Corea del Sud, Malesia, Nuova Zelanda, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam, nella quale “la crescita economica sia sostenibile e inclusiva”. Tra la fine di maggio e la prima settimana di giugno il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha visitato 7 Paesi insulari del Pacifico (le Isole Salomone, Kiribati, Samoa, Fiji, Tonga, Vanuatu, Timor Est e Papua Nuova Guinea) e ha tenuto incontri virtuali con i vertici al Governo nelle Isole Cook, Niue e negli Stati Federati di Micronesia.Lo scopo era di proporre ai Pacific islands countries un accordo multilaterale di vasto respiro, che prospettava un’area di libero scambio tra le nazioni rivierasche, per proteggere le attività commerciali la pesca, oltre alla creazione di una sorta di polizia del Pacifico, garante della difesa del territorio e delle acque, anche attraverso una gestione congiunta della rete informatica. L’unico accordo di vasta portata è stato firmato nelle Isole Salomone, con lo scopo di aiutare a mantenere l’ordine sociale che prevede, su richiesta, l’invio di contingenti delle Forze Armate cinesi e persino navi da guerra. Una cooperazione militare così stretta potrebbe contemplare, secondo i più informati, la costruzione di una base navale sulle isole
Appendice 1 – La “nuova forma di capitalismo” di Kishida
Kishida ha anche rilanciato la sua idea di “nuova forma di capitalismo”. I critici considerano questa nuova forma una cosmesi della Abenomics lanciata dal suo predecessore, che ha stimolato l’economia giapponese, ma anche aumentato le disparità sociali.
Abe aveva guidato la ripresa economica post incidente di Fukushima (2011). L’Abenomics venne messa in atto nella primavera del 2013 allo scopo di sollevare il Giappone dalla decennale depressione economica. L’iniziativa si compose fondamentalmente di tre direttrici (le “tre frecce”): politica monetaria, politica fiscale e strategie di crescita. Nello specifico, deprezzamento dello yen al fine di incentivare l’export giapponese continuamente minacciato da quello cinese, tasso di interesse fissato in negativo (per disincentivare il risparmio), politica monetaria espansiva per aumentare l’inflazione tanto da raggiungere e mantenere la soglia del 2% ed uscire dalla situazione di deflazione cronica, aumento di 1,5% della spesa pubblica. Nell’immediato, i benefici dell’economia giapponese sono stati indiscutibili (+ 1,5% del PIL nel 2013 e in crescita fino al 2019). Anche le esportazioni sono aumentate. Ma l’inflazione ha taglieggiato i salari reali. Oltre alla diseguaglianza di genere, particolarmente forte in Giappone, anche il numero dei poveri è aumentato. Nel 2020, il Giappone si piazza agli ultimi posti della classifica OCSE, con un tasso di povertà relativa del 15,7% contro una media generale dell’11% (in ‘Italia 14%). La fascia di popolazione più colpita è quella dai 66 anni in su. A Tokyo gli working poor sono il 35%.
Con 31 mila decessi (su 127 milioni di abitanti), il Covid ha avuto un impatto limitato. Nell’intento di scaricare sull’estero le responsabilità il governo ha lasciato che la stampa additasse come untori sono stati individuati gli americani di stanza nelle numerose basi Usa, che non rispettano nessuna delle drastiche misure imposte ai locali. Inoltre ha chiuso le frontiere, suscitando le rumorose proteste della Keidanren, la più importante associazione imprenditoriale, preoccupata per l’interruzione dei flussi di manodopera straniera, ormai indispensabile per il funzionamento di interi settori dell’economia. Il Covid ha messo, inoltre, in primo piano una forte carenza di personale nelle strutture mediche, scolastiche, negli asili e nei centri di assistenza agli anziani. Kishida è corso ai ripari con una manovra di bilancio supplettiva (approvata il 29 dicembre 2021) di 36mila miliardi di yen, pari a circa 277 miliardi di euro. Prevede la concessione di incrementi salariali al personale sanitario e agli addetti delle strutture di assistenza agli anziani, nonché contributi alle strutture ospedaliere, alle piccole e medie imprese e alle famiglie con figli minorenni a carico (una tantum di 100 mila yen o 770 euro per ogni figlio). Cfr https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/giappone-cerca-di-un-nuovo-capitalismo-33170.
Tuttavia lo junior partner del governo, il Komeito, emanazione della Sokagakkai, una potente e radicata setta buddhista, che grazie alla sua capillare ed efficiente organizzazione a livello locale, garantisce il successo delle campagne elettorali, chiede maggiori sconti fiscali per piccole imprese e famiglie. Ciò significa altri debiti (il debito pubblico è arrivato al 256 % del Pil a fine 2021).
Nel frattempo la stampa da per la prima volta rilievo a un fenomeno specifico che riguarda i lavoratori giapponesi: il Karoshi, cioè la morte per troppo lavoro. Ogni anno centinaia di lavoratori perdono la vita a causa dello stress eccessivo, stroncati da infarti o divorati dalla depressione. Il 12% dei lavoratori è costretto a fare 100 ore gratuite di straordinario al mese mentre buona parte degli assunti ne fa 80, soglia che i medici ritengono sufficiente per debilitare per sempre una persona o ucciderla per il troppo lavoro.
Appendice 2 – Il Quad come spia delle tensioni interimperialistiche in Asia
Presi come siamo dalle vicende ucraine, si tende a trascurare gli altri focolai di tensione in giro per il mondo, come quelle che stanno montando in Asia, dove gli Usa, in perfetta continuità fra governo Trump e governo Biden, stanno affilando i coltelli per affrontare la crescente sfida della Cina. Non è un caso che l’alleanza Quad si riferisca alla “regione dell’Indo Pacifico” come area della resa dei conti, perché “chi governa i mari governa il mondo”. Oggi si spostano sul mare il 70% delle merci mondiali (se si tiene conto del valore), il 90% se ci riferiamo al peso. Da tempo il baricentro del commercio navale si è spostato dall’Atlantico al Pacifico. Se nel 1995 il traffico in container (dati in milioni) era di 3 per le relazioni transatlantiche, 4 per l’area Indo-Europea (Mediterraneo e Oceano indiano tramite Suez) e 8 per le relazioni Transpacifiche, nel 2018 le proporzioni sono di 8-25-28.
Se consideriamo i primi 10 porti nel mondo per volume di traffico, 7 sono cinesi, a cui si aggiungono Singapore, Busan in Corea e Gabal negli Emirati. Fra i primi 20 porti, 2 sono europei (Amsterdam all’11°, Anversa al 18° posto). Al 17° posto c’è Los Angeles unico porto Usa.
Negli ultimi 80 anni gli Usa sono stati la prima potenza navale del mondo. Oggi molti considerano quella cinese la seconda marina militare al mondo. Ma molto prima la Cina ha inanellato la cosiddetta “collana di perle”, una sorta di via marittima della seta, cioè una serie di porti e retroporti, che lungo il mar della Cina meridionale, l’Oceano indiano, le coste africane e mediterranee, consentono un approdo. Limes lo descrive come una “costituenda sfera neo-imperiale cinese in cui al commercio seguono le cannoniere”, I cinesi acquistano l’infrastruttura, la affidano a ingegneri e maestranze cinesi. Si collocano fibre ottiche, postazioni informatiche, centri di raccolta dati. Naturalmente si mandano guardie per sorvegliare gli investimenti. Lentamente le installazioni evolvono in vere e proprie basi militari, dichiarate o camuffate.
Tornando al confronto fra la marina militare statunitense e quella Usa, la Cina possiede certamente la forza economica e la capacità industriale per nprodrre un numjero di navi da guerra analogo a quello Usa (fra corvette, cacciatorpediniere, sottomarini, motovedette ecc.). Ma i fattori chiave di una potenza navale stanno nella tecnologia, nell’addestramento, nell’esperienza operativa, nella rete di supporto logistico. E sotto questo profilo gli Usa possono stare tranquilli ancora per qualche anno, ma saranno costretti a spendere sempre di più per restare all’altezza, Fino ad oggi la potenza della US Navy era affidata alle portaerei. Ma con l’andare del tempo le portaerei saranno sempre più uno status simbol, perché affondabili con missili ipersonici, che appunto la Cina da qualche anno sta testando.
Il confronto quindi si sposta sul controllo dei mari dallo spazio e/o attraverso i sommergibili, soprattutto se armati di missili nucleari.
Comunque sia, oggi come oggi, il punto di forza degli Usa è soprattutto il vantaggio tecnologico, a cui si aggiunge una rete di alleanze consolidate, come ad es. quelle con la Corea del sud e il Giappone in Asia. Se il pretesto attuale di polemica fra Usa e Cina è Taiwan e il diritto delle “libere” potenze di passeggiare nel canale che la divide dalla Cina, il fulcro dello scontro non potrà che essere Malacca, perché “chi controlla gli stretti, controlla i mari”. (da Limes 07/2019 – Gerarchia delle onde)
Appendice 3 – Il contemporaneo riarmo tedesco e giapponese
Secondo le analisi della rivista tedesca German Foreign Policy (GFP), 13 luglio 2022, si sta creando un nuovo asse anche militare tra la Germania e il Giappone, sollecitato dallo svolgimento della guerra in Ucraina. Riedizione della Seconda Guerra Mondiale per una prossima Terza Guerra Mondiale? Quel che è certo è che entrambi i paesi stanno fortemente riarmando, e che entrambi si pongono il problema del contenimento della Cina. GFP parla anche di un’intesa di Berlino e Tokyo in funzione anti-russa. Un’alleanza strategica alla quale sono tuttavia sottese, come sempre nella storia, divergenze specifiche dei rispettivi interessi nazionali che la rivista non evidenzia, e che potrebbero rendere nei fatti meno lineare, se non ribaltare, l’attuale tendenza/intesa. In questo quadro l’11 luglio
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Il ministro tedesco degli Esteri Annalena Baerbock si è recata a Tokyo a incontrare Yoshimasa Hayashi, per un maggiore coordinamento tra Germania e il Giappone.
È stato affrontato il tema delle difficoltà derivanti dall’embargo energetico e le possibili riduzioni della fornitura russa. Diversamente dal 2014, quando l’allora primo ministro Shinzō Abe, aveva sostanzialmente cercato una stretta collaborazione con la Russia per staccarla dalla Cina, oggi il Giappone ha adeguato la sua politica verso la Russia a quella delle potenze transatlantiche. Di conseguenza Tokyo ha aderito alle sanzioni e potrebbe essere escluso dal gas liquefatto del progetto Sakhalin II, che copre il 10% della domanda giapponese. Giappone e Germania si sono impegnati a non farsi concorrenza sul gas liquido (cosa che farebbe aumentare il prezzo per entrambi). Due ministri hanno deplorato che i paesi europei stiano comprando gas naturale liquefatto togliendolo ad altri paesi molto più bisognosi, ad es. come Pakistan e Bangladesh. Deplorazione ipocrita perché i due paesi quando è stato loro utile hanno sempre fatto i propri interessi di potenza. Si è poi passati ai temi militari. Berlino approva il piano di Tokyo di raddoppio del suo bilancio militare. Attualmente, è stato portato a 54,5 MD di $ per mezzo di una dotazione supplementare, pari all’1,11% del PIL. Ma è dubbio se questo raddoppio possa essere sostenuto anche gli anni prossimi, visti gli effetti sul debito giapponese. La Bundeswehr sta intensificando la cooperazione con le forze armate giapponesi e le esercitazioni in Giappone. La Baerbock, dopo aver visitato una base navale giapponese e la base navale della Settima lotta statunitense che opera in Asia orientale a Yokosuka, ha dichiarato che “il governo tedesco è impegnato per la pace e un mondo senza armi nucleari”; altra ipocrisia visto che proprio la Baerbock ha voluto dotare le forze armate tedesche con jet da combattimento statunitensi, armati di bombe nucleari, oggi immagazzinati a Büchel (Eifel). Lo scorso autunno la fregata Bavaria è arrivata in Giappone per alcuni giorni di esercitazioni, che nel prossimo settembre riguarderanno invece i caccia [da German Foreign Policy, 22.0713].