ANDREA BONANNI
Il capo della diplomazia della Ue è fiducioso: "Dopo la guerra tutti i
giochi si sono riaperti"
Solana: "Senza di noi non ci sarebbe nemmeno la tregua"
la grande occasione Se ci muoviamo con intelligenza, possiamo
avviare un processo che arrivi alla pace
Abbiamo di fronte a noi una grande occasione
sui caschi blu a gaza Se questa
missione avrà successo potrebbero esserci sviluppi anche altrove Ma è un orizzonte lontano
sul ruolo dell´Iran Dovremo
convincerli ad assumersi un ruolo costruttivo e positivo sullo scacchiere
mediorientale
BRUXELLES – L´invio di un forte contingente
dell´Onu in Libano sotto guida europea cambia gli assetti della politica
internazionale. Ma la chiave per la pace in Medio Oriente rimane la questione
palestinese, ed è lì che l´Europa dovrà completare il lavoro iniziato. Javier
Solana, segretario generale del Consiglio Ue e Alto rappresentante per la
politica estera e di sicurezza dell´Unione, ne è convinto. E in questa
intervista a Repubblica anticipa i temi oggetto della sua relazione ai ministri
degli Esteri europei che si riuniranno domani e dopodomani in Finlandia proprio
per discutere sul dossier mediorientale.
Signor Solana, il presidente Prodi
dice che la spedizione della forza di pace in Libano è un evento storico per
l´Europa. Non le sembra che esageri?
«Mi sembra che abbia ragione. È un traguardo a cui siamo arrivati a poco
a poco. Ma ci siamo arrivati. L´Europa ha da anni una posizione chiara e
univoca sul Medio Oriente. Ricordo che già alla conferenza di Sharm el
Sheik, nell´ottobre 2000, andai da solo a rappresentare tutti gli europei di
fronte a Clinton, Kofi Annan e ai principali capi di governo della regione.
Quello fu l´avvio di un´azione politica crescente, dopo che già eravamo i
principali finanziatori dello sviluppo della regione. Poi vennero le riunioni
del Quartetto, con Usa, Russia, Onu e l´Europa che parlava con una sola voce.
In seguito abbiamo cominciato a mettere piede sul territorio. Prima con Eucops,
l´unità europea che addestrava la polizia palestinese. Quindi prendendo il
controllo del valico di Rafah, che è l´unico sbocco dei palestinesi verso il
mondo esterno. Era logico che a questo punto avessimo un ruolo da
protagonisti nella crisi libanese. E lo abbiamo avuto».
Come?
«Difendendo, prima alla conferenza di Roma e poi al Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite, dove sedevano cinque paesi europei, la risoluzione
presentata dalla Francia. Non è stato facile, ma ci siamo mossi in piena
coordinazione. Poi riuscendo a mettere in piedi la forza di pace a tempo
record. E anche quello era tutt´altro che scontato. È stata una grande prova di
generosità, innanzitutto da parte di italiani, francesi e spagnoli, che forniscono
il grosso delle truppe, ma anche di tutti gli altri. Praticamente non c´è Paese
dell´Unione che non contribuisca in qualche modo a questa impresa. Vorrei
ringraziare tutti i cittadini europei per questo. E in particolar modo,
naturalmente, gli italiani, sia per l´iniziativa sia per l´impegno che hanno
dimostrato».
Ma il ruolo dell´Europa è davvero così
importante?
«Guardi, è semplice: senza la forza Onu non ci sarebbe la pace. E
senza l´Europa non ci sarebbe la forza Onu. Gli europei costituiscono la spina
dorsale del contingente: per le prime due fasi del dispiegamento rappresentano
oltre i due terzi degli effettivi. E anche nella terza e ultima fase saranno
più della metà. Possiamo andare fieri di aver fatto tutto ciò che era
possibile, tenendo presente che gli europei sono già impegnati militarmente in
missioni di pace in Kosovo, Bosnia, Afghanistan e Congo».
Lei parla di pace. Ma per ora in Libano
siamo ad una fragile tregua. Che cosa ci vuole veramente per arrivare alla
pace?
«La chiave del dramma del Medio Oriente è la questione palestinese. È
l´esperienza che ce lo dice, dagli accordi di Oslo alla prima e alla seconda
Intifada fino alla situazione attuale: senza una soluzione del problema
israelo-palestinese non ci può essere pace nella regione».
E lei davvero crede che il problema sia
risolvibile?
«Dopo la crisi libanese, tutti i giochi si sono riaperti. E adesso l´Unione
europea deve fare ogni sforzo possibile per affrontare la questione sotto tutti
i suoi angoli: quello libanese, quello siriano e naturalmente quello
palestinese. Se ci muoviamo con intelligenza, possiamo avviare un processo
complessivo che arrivi alla soluzione del problema Medio Oriente. Non voglio
sembrare ingenuo: so bene che non sarà facile. Ma abbiamo di fronte a noi una
grande occasione e dobbiamo cercare di coglierla».
Il ministro degli Esteri D´Alema
ipotizza la possibilità in futuro di una forza di interposizione Onu anche per
i territori palestinesi. Che ne pensa?
«Per ora la questione non è sul tavolo perché non c´è ancora un
processo di pace avviato per la Palestina. Siamo fermi alla gestione di una
crisi. Certo, se la missione in Libano si dimostrerà un successo, dovrà pur
avere qualche effetto positivo. Staremo a vedere. Del resto, una volta che il
processo di pace fosse avviato anche tra israeliani e palestinesi, ci sarà pur
bisogno di una forza di monitoraggio. Ma per ora mi sembra ancora un
orizzonte lontano».
Lei prima accennava ai vari fattori della
crisi mediorientale: Libano, Siria, Palestina. Ma non ha citato l´Iran. Eppure con
Teheran state negoziando anche sulla questione nucleare.
«Certo, l´Iran ha grandi responsabilità per la stabilità della
regione. Influenza direttamente Hezbollah e altri gruppi. Nei negoziati
che spero si potranno avviare con Teheran dovremo convincerli ad assumersi un
ruolo costruttivo e positivo sullo scacchiere mediorientale».
Però i rapporti con l´Iran non sono su
una buona china. Dopo le deludenti risposte di Teheran in materia nucleare, a
Washington si è ricominciato a parlare di sanzioni. Come andrà a finire?
«La posizione dei cinque membri del Consiglio di Sicurezza più l´Europa
non è cambiata. Oggi non sono ancora in grado di dire come evolverà la
situazione. Sono in contatto costante con l´inviato iraniano, Larijani. Lo
sentirò anche domani (oggi ndr).
Spero si possa tenere al più presto possibile una riunione per cercare di
chiarire molti aspetti della risposta di Teheran, che è lunga e complessa. Per
ora è prematuro fare speculazioni».
Ma non teme che un peggioramento dei
rapporti con l´Iran sul dossier nucleare possa avere effetti negativi anche per
la sicurezza del contingente europeo in Libano?
«Guardi, io sono un ottimista. Ma un ottimista razionale che si basa sui
fatti concreti, non su impressioni campate per aria. E la mia fondata
impressione è che in Libano tutti, compreso l´Iran, abbiano una chiara volontà
di comportarsi in modo costruttivo. Nessuno ha interesse a creare nuovi
problemi, oltre ai molti che già ci sono».