VLADIMIRO POLCHI
La legge: permessi in
40 giorni, ma da 5 mesi tutto fermo. Minniti: più poteri ai comuni
La corsa alla regolarizzazione si è impantanata Il governo: entro
dicembre tutto ok
ROMA – Elisabeta, romena, fa la badante a
un´anziana signora veneta. Lavora da 3 anni in Italia, senza permesso di
soggiorno. A metà marzo, quando è uscito il decreto flussi 2006, s´è messa in
fila alle Poste con i moduli per l´assunzione. Vuole essere una
"regolare". Da quel giorno è ancora in attesa di una risposta, con la
speranza di uscire dal limbo della clandestinità. Nella migliore delle ipotesi,
deve ancora aspettare 3-4 mesi. Nel nostro Paese ci sono oltre mezzo milione
di migranti "invisibili", nonostante i loro datori di lavoro abbiano
deciso di metterli in regola. Hanno compilato i moduli e li hanno consegnati
agli uffici postali, il 14 marzo (479 mila domande nelle prime 3 ore). Il
risultato? Nessuno. A eccezione degli stagionali, non è arrivato un nulla osta
all´assunzione. Tutto resta bloccato da una procedura lenta, con una situazione
al limite dello sfinimento per i richiedenti ma anche con dispendio di agenti
preposti agli uffici immigrazione. Tanto che il viceministro dell´Interno Marco
Minniti ha affermato che in futuro saranno i Comuni a dare il permesso di
soggiorno, liberando uomini per il controllo del territorio.
Con il decreto flussi, l´Italia apre ogni anno le porte all´ingresso di
lavoratori stranieri. Il decreto, approvato dal governo con la Finanziaria e
previsto dal Testo unico sull´immigrazione del ‘98, fissa la quota di immigrati
che possono varcare le frontiere con un visto. La domanda va presentata dal
datore di lavoro, che vive in Italia e chiede l´assunzione di un
extracomunitario, che si trova all´estero. Questa la teoria; in pratica, alla
"lotteria delle quote" partecipano per lo più clandestini, che si
trovano già nel nostro Paese: fanno domanda, tornano in patria e rientrano in
Italia da regolari.
Il primo decreto flussi 2006, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 7 marzo
scorso, ha consentito l´ingresso di 170mila lavoratori extracomunitari. Troppo
pochi, rispetto alla richiesta interna: 520mila domande presentate in poche
ore. Perciò, il 21 luglio, il governo Prodi ha deciso di riaprire le quote, con
un secondo decreto flussi da 350mila posti (in vigore entro ottobre). Ma la
macchina si è inceppata: a oltre 5 mesi dalla presentazione delle domande, non
è arrivato ancora un nulla osta all´assunzione, sebbene la legge parlasse di 40
giorni. Ora, il ministro dell´Interno Amato promette: entro l´autunno sbloccheremo
tutte le pratiche. Nove mesi per un´assunzione. Cosa non ha funzionato?
Primo, le Poste: colpa degli scanner e degli errori nella compilazione dei
moduli. Poi, gli Sportelli unici per l´immigrazione: quando le pratiche (per
oltre 2 mesi ferme alle Poste) sono arrivate alle prefetture, il personale si è
rivelato insufficiente a smaltirle. A luglio 2006, il Viminale ha ammesso:
del primo decreto flussi «risultano definite 30mila domande», per lo più
stagionali.
Situazione insostenibile sia per i datori di lavoro che per gli immigrati.
«Il sistema delle quote si è rivelato inadeguato – denuncia Ettore La Carrubba,
responsabile immigrazione dei Giovani di Confindustria – per questo nel 2007
proporremo al governo di selezionare i migranti in base alle competenze». Prima
entrano i laureati, poi i tecnici, poi i più giovani. «Quest´attesa è un
disastro – avverte Ananda Seneviratne, cingalese del Forum comunità straniere –
molti rischiano di perdere il lavoro». Ma non mancano gli spiragli: «A Roma e
Frosinone sono arrivati ieri i primi nulla osta».