Con questo nuovo documento congiunto che parte dagli ultimi sviluppi della situazione in Siria per allargare lo sguardo all’intero scenario mondiale, il Partito Obrero (Argentina), la Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria (Italia), il NAR (Corrente della Nuova Sinistra per la liberazione comunista – Grecia) e il SEP (Partito socialista dei lavoratori – Turchia) rinnovano il loro appello e il loro impegno per il raggruppamento delle forze internazionaliste. Un processo che l’accelerazione della corsa ad una nuova guerra globale inter-imperialista rende più necessario ed urgente che mai. (Red.)
1. La caduta del regime di Assad e la presa di controllo della Siria da parte dell’HTS e di altre forze di opposizione alleate sostenute dalle potenze della NATO, fanno compiere alla tendenza verso una nuova guerra imperialista globale un ulteriore passo avanti.
Non siamo di fronte ad una vittoria popolare o democratica, ma ad una nuova divisione della Siria, che la colloca dalla parte di potenze regionali come la Turchia o Israele, e nel campo internazionale della NATO. Si è visto che la capacità di difesa del regime borghese di Assad, la cui economia era distrutta, i cui sostenitori come Hezbollah e l’Iran erano estremamente indeboliti, e che stava marcendo dall’interno, era finita.
L’attuale situazione in Siria affonda le sue radici storiche nella sconfitta della grande rivolta popolare siriana del 2011-2012 – una sconfitta dovuta tanto alla spietata repressione del regime baathista e al coinvolgimento reazionario di Stati Uniti, Turchia e Arabia Saudita, quanto alla frammentazione e alla deviazione su basi confessionali, etniche e locali, del movimento popolare inizialmente unitario, a cui hanno contribuito in modo decisivo tutte le potenze regionali e globali, che ora si contendono, armi alla mano, lo strategico territorio siriano.
Il regime della famiglia Assad ha saccheggiato il Paese per decenni, trasformando le promesse socialiste del Partito Baath in uno Stato autoritario e di polizia, attuando politiche neoliberiste di impoverimento [della massa della popolazione]. L’“anti-imperialismo” del regime di Assad è sempre stato una merce di scambio, come quando ha sostenuto l’intervento statunitense in Iraq. La sanguinosa guerra civile che ha cercato di schiacciare la rivolta popolare ha causato mezzo milione di morti e milioni di sfollati. Nessun settore popolare si è sollevato in difesa del regime di Assad, e i suoi stessi alleati-protettori hanno ritenuto troppo costoso e rischioso impegnarsi nel tentativo di salvarlo.
Questa nuova situazione è certamente sfavorevole alla Russia e all’Iran, dato che la Siria è stata storicamente nel blocco della Russia e più recentemente sotto l’influenza iraniana. Immediatamente lo Stato sionista, la Turchia, gli Stati Uniti e la NATO hanno intensificato le operazioni di guerra in Siria e in Medio Oriente, facendo fare un ulteriore passo in avanti alla tendenza verso una nuova guerra imperialista globale. Infatti [dagli ultimi avvenimenti in Siria] Israele e le potenze imperialiste occidentali si sentono incoraggiate a portare la loro offensiva anche in Yemen, come stanno già facendo, e ad intensificare le loro minacce e manovre in direzione dell’Iran, cercando di favorire anche un cambio di regime.
Il gruppo che ha guidato l’offensiva militare contro il regime di Assad, l’HTS, non è una forza rivoluzionaria ma uno dei filoni del fondamentalismo islamico, sostenuto dalla Turchia e da altri regimi reazionari del Medio Oriente, oltre che da Stati Uniti e Israele, che stanno intervenendo attivamente per controllare il processo che si sta sviluppando nel Paese. Anche le altre formazioni di opposizione si caratterizzano per i loro legami con le potenze regionali e internazionali, a partire dall’Esercito nazionale siriano, una forza mercenaria armata dal governo turco di Erdogan. Il comunicato diramato dopo la presa del potere [da parte dei nuovi governanti] annuncia un appello all’“unità nazionale” e la volontà di avvicinarsi a Israele e all’Occidente, prendendo di mira l’Iran, il che significa che si preparano ad agire come pedine nella disputa regionale imperialista. Il nuovo governo provvisorio, in cui è stato nominato un fidato confidente del leader dell’HTS, è nato da un accordo con il primo ministro di Assad. Si sta lavorando per mettere insieme una “transizione ordinata” in cui si cercherà di lasciare in piedi aspetti vitali del regime deposto. Perciò non ci si può aspettare nulla di buono per i popoli del mondo da questo nuovo regime, che incarna l’oscurantismo più reazionario e che attacca l’organizzazione indipendente delle masse popolari.
Siamo dalla parte degli operai e dei contadini siriani che lottano per i loro diritti democratici ed economici, dalla parte delle donne e delle minoranze che lottano per le loro rivendicazioni, contro il pericolo che in Siria emerga un regime teocratico oppressivo, contro i vecchi e nuovi leader borghesi e contro la minaccia di una frammentazione del Paese.
Un problema particolare è rappresentato dalle rivendicazioni nazionali del popolo curdo, per il quale sosteniamo il diritto all’autodeterminazione. Ma va notato che la strategia di agire come ausiliari di un campo imperialista costituisce un colpo terribile alla causa della liberazione del popolo curdo. Le persone di origine curda vengono usate come merce di scambio nei negoziati regionali e c’è il rischio concreto di un imminente tradimento degli Stati Uniti nei confronti del popolo curdo, mentre vengono condotti attacchi sistematici da parte delle forze che operano per procura del governo turco.
Nel complesso, la situazione in Siria rappresenta un episodio della guerra imperialista. Siamo di fronte al tentativo di instaurare un regime filo-imperialista – anche se ammantato di retorica “democratica” – che fa parte di una riconfigurazione politica internazionale che asseconda le potenze occidentali.
Denunciamo che nel quadro di questo confronto di forze sia il gruppo HTS che le formazioni jihadiste e mercenarie, così come le forze di Al Assad, dell’Iran e della Russia, costituiscono campi reazionari refrattari agli interessi dei lavoratori. Questa carneficina deve essere fermata. Può cambiare questo quadro solo l’entrata in scena di un’alternativa rappresentata dall’unità degli sfruttati, con l’espulsione dell’imperialismo, del sionismo e dei regimi oppressivi locali. Sosteniamo le rivolte popolari nella regione, come quelle in Iran o in Libano, o prima ancora la Primavera araba, così come l’eroica resistenza palestinese e il sostegno internazionale alla loro causa.
2. L’escalation della guerra imperialista continua ad aggravarsi sul fronte ucraino. I governi di Stati Uniti, Regno Unito e Francia hanno autorizzato l’uso di missili a lungo raggio che hanno già colpito il territorio russo. Va chiarito che si tratta di armi che possono essere lanciate solo da satelliti calibrati dai membri della NATO e che devono essere manovrate dal lancio alla detonazione da ufficiali militari statunitensi. Esse costituiscono quindi un coinvolgimento ancora più diretto e non mascherato della NATO nella guerra.
Nello stesso tempo si è acceso in Europa, soprattutto in Francia e nel Regno Unito, il dibattito sul dispiegamento di truppe da parte degli eserciti regolari o di compagnie private. Anche il resto dei Paesi del continente si sta preparando a una nuova fase di coscrizione di massa o obbligatoria. Dalla Lituania (sostenuta dalla Germania) e dalla Polonia sono arrivati segnali favorevoli all’invio di truppe in Ucraina.
La prospettiva di una forza militare europea autonoma, di cui stanno discutendo i capi di Stato dell’UE, mette in prospettiva la possibilità di forti tensioni all’interno della NATO. Le diatribe di Donald Trump su chi sostenga i maggiori costi finanziari delle operazioni in Ucraina si inseriscono nel contesto degli scontri tra Stati Uniti e Paesi europei su come dividere le sfere di influenza e sugli accordi economici. L’esplosione del gasdotto Nord Stream, un atto di guerra compiuto dall’amministrazione Biden contro gli alleati europei, è uno degli antefatti di questa crescente ostilità inter-imperialista nel blocco NATO.
La divisione dei compiti tra i partner della NATO comprende anche proiezioni sulla “ricostruzione” dell’Ucraina e su una “pace” che, se avrà successo, sarà una pace imperialista, comporterà cioè lo smembramento dell’Ucraina in territori o zone di influenza, il saccheggio delle sue risorse naturali e l’addossamento ai lavoratori ucraini ed europei dei reali costi economici e sociali della guerra. Ma anche un accordo in Ucraina non garantisce una pace duratura, come è stato nel caso degli accordi precedenti. Le potenze imperialiste occidentali vogliono sconfiggere la Russia a tutti i costi, comprese le dispute sulla sua sfera di influenza e la possibilità di un cambio di regime.
La Russia non rappresenta una barriera antimperialista né un faro di lotta per i popoli. Il regime di Putin sta avanzando sull’Ucraina per preservare la quota di spartizione regionale dei grandi oligarchi russi. Le sue forze militari operano come invasori che cercano di sottomettere i popoli vicini, tutt’altra cosa dalla gloriosa Armata Rossa proletaria. Il regime di Putin persegue senza sosta l’opposizione di sinistra e dei lavoratori, impedendo le ultime vestigia di organizzazione [di classe] indipendente, e applica un giro di vite generale sulle libertà democratiche.
Rifacendoci alla tradizione delle conferenze di Zimmerwald e Kienthal, ribadiamo che il nemico principale è “in casa nostra”. Abbasso la guerra e i governi della fame, abbasso i finanziamenti alla guerra e i bilanci militari! Facciamo appello alla fraternizzazione tra i lavoratori e i soldati dell’Ucraina e della Russia, per l’ avvento del potere proletario.
3. La vittoria di Donald Trump alle elezioni statunitensi è stata accompagnata da un aggravamento di tutte le tensioni esistenti. Trump ha manifestato la volontà di interrompere il sostegno alla guerra in Ucraina, cercando di forzare un accordo di pace che potrebbe includere concessioni territoriali favorevoli a Putin. Il suo obiettivo è quello di puntare tutte le armi verso un confronto più diretto con la Cina. Allo stesso tempo, ha annunciato una politica tariffaria contro la Cina, contro l’Unione Europea e persino contro i partner di libero scambio Messico e Canada. La crisi negli Stati Uniti è brutale, e non è chiaro se le misure proposte possano risolvere il problema, perché potrebbero, anzi, scatenare la recessione.
Negli Stati Uniti, Trump intende istituire un regime di attacco contro i lavoratori, annunciando deportazioni di massa [degli immigrati senza documenti], licenziamenti statali [di massa] per riempire lo Stato di funzionari di estrema destra, e un rafforzamento delle forze repressive.
A fronte di governi quali quelli di Trump, Meloni e Milei, è necessario organizzare la lotta contro l’ultradestra e le forze fasciste. Questa lotta si fa nelle strade e nell’azione diretta del fronte unito delle forze della classe lavoratrice. Rifiutiamo la politica di suscitare aspettative nella democrazia borghese come mezzo per combattere l’estrema destra. I fronti con la borghesia “democratica” legano i lavoratori mani e piedi e portano ai peggiori tradimenti e sconfitte. L’altra risorsa borghese che emerge parallelamente ai nuovi gruppi di ultradestra è il fronte popolare di collaborazione di classe e l’integrazione delle forze a base operaia nei governi o nei ministeri borghesi. Va notato che sono stati i governi del cosiddetto imperialismo “democratico” ad aver intrapreso i più grandi massacri di quest’ultimo periodo, oltre ad aver adottato misure di austerità inaudite contro le masse popolari.
I partiti riformisti e i leader riformisti non combattono veramente l’ultradestra, ma ingannano e tradiscono i lavoratori che si fidano di loro. Ne è un esempio la totale dissoluzione di Bernie Sanders e Ocasio-Cortez dietro il governo genocida di Joe Biden e Kamala Harris, o l’accordo per un Fronte Repubblicano in Francia, che ha solo aiutato Macron a rimanere in sella e a cercare nuove soluzioni di centro-destra, totalmente anti-proletarie, alla profonda crisi politica francese. È stato l’affidamento alle forze borghesi tradizionali e la subordinazione ad esse della cosiddetta sinistra istituzionale a spianare la strada all’ultradestra e ai fascisti.
4. La Cina non è un vessillo della liberazione dei popoli né un fulcro per le iniziative antimperialiste. Non lo sono né Xi Jinping né la burocrazia del PCC. L’iniziativa della Cina nei confronti dei popoli del mondo con la cosiddetta “Nuova Via della Seta” non è stata quella di uno scambio equo volto alla reciproca valorizzazione e pianificazione, ma ha avuto le stesse basi e premesse di qualsiasi impresa capitalista o imperialista, ovvero il primato di un interesse predatorio e confiscatorio, che in questo caso è incarnato dalla burocrazia di Pechino e dalla sua borghesia nazionale. All’interno del proprio territorio, la classe operaia cinese è sfruttata e oppressa, ed è privata di qualsiasi possibilità di intervento indipendente. È stata privata di ogni controllo sulle proprie organizzazioni, e il dissenso dei lavoratori è stato vietato su ordine del partito. La Cina è un elemento centrale e parte in causa della guerra imperialista.
Gli Stati Uniti stanno cercando una via d’uscita dalla loro crisi di egemonia capitalista [sul mondo] utilizzando la loro potenza militare per avanzare e tentare di imporsi. È questa la funzione dell’accerchiamento militare statunitense del Mar Cinese, del riarmo della Corea del Sud, del Giappone e di Taiwan e della formazione di una sorta di NATO dell’Oceano Pacifico, l’AUKUS di Stati Uniti, Regno Unito e Australia. A ciò si aggiunge il coinvolgimento dell’India nei preparativi militari contro la Cina, il che dimostra che i BRICS non sono né un blocco politicamente omogeneo né un progetto alternativo emancipatorio o antimperialista per la classe operaia.
5. A Gaza, in Cisgiordania, in Libano, lo Stato di Israele continua a commettere un genocidio contro il popolo palestinese, il più grande massacro degli ultimi tempi. La firma dell’accordo di cessate il fuoco con Hezbollah non è stata rispettata dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Israele ha ripudiato i trattati del 1974 e ha proceduto a rafforzare la propria presenza con bombardamenti e incursioni, penetrando anche oltre le alture del Golan, nella ex “zona cuscinetto”. Con il sostegno della NATO, l’intenzione è quella di consolidare le annessioni di Palestina, Libano e Siria che gli ultra-sionisti prospettano come “Grande Israele”.
Il massacro del popolo palestinese, con l’annientamento di innumerevoli vite umane, le marce della morte, la cancellazione di tutte le infrastrutture civili e umanitarie, non è stato tuttavia un trionfo totale per il Primo Ministro Benjamin Netanyahu e i suoi padroni negli Stati Uniti. Il governo israeliano continua a confrontarsi con la continua e fiera resistenza del popolo palestinese alla dominazione sionista e imperialista, una resistenza che deve essere sostenuta incondizionatamente, senza che questo significhi essere d’accordo con l’orientamento della sua leadership. Come internazionalisti rivoluzionari difendiamo attivamente questa loro giusta resistenza e chiediamo la fine del genocidio e una Palestina unica, compreso il diritto al ritorno [dei profughi], che per noi è una Palestina laica e socialista. Un’azione che deve essere intesa come un passo sulla via del potere degli operai e dei contadini di tutto il Medio Oriente.
6. Di fronte alla guerra imperialista, la sinistra, nel suo complesso, si è schierata ripetendo il tradimento della vecchia socialdemocrazia che nel 1914 votò i cosiddetti “crediti di guerra”, cioè sostenendo le rispettive borghesie contro gli Stati rivali. Con onorevoli eccezioni, le forze della sinistra istituzionale, i partiti comunisti e socialisti e i gruppi nazionalisti in Occidente hanno votato a favore dei bilanci e dei finanziamenti per la guerra in Ucraina, sia nei parlamenti nazionali che in quelli europei, come del resto hanno fatto i Democratic Socialists of America negli Stati Uniti. Lo stesso atteggiamento è stato adottato dal cosiddetto Partito Comunista Russo e da altre forze di sinistra, in questo caso a favore della linea di Putin. È necessaria una dura denuncia e demarcazione nei confronti di questi gruppi. I massacri del capitale sono finanziati dalla fame delle masse popolari, su cui ricade il peso di bilanci militari in aumento, mentre la spesa sociale per il lavoro, la casa, la sanità, l’istruzione, le pensioni e le infrastrutture crolla sotto le “misure di austerità”. La soddisfazione delle richieste popolari è incompatibile con la continuità dei governi di guerra.
C’è anche il caso della sinistra che, sostenendo di essere rivoluzionaria, si è adattata alle pressioni imperialiste, chiedendo denaro e armi per l’Ucraina, mentre altri hanno voluto vedere nell’esercito russo un contrappeso rivoluzionario all’Occidente. Altri hanno sviluppato la curiosa tesi di una guerra “doppia” e giustificano, con il diritto all’autodeterminazione nazionale ucraina, il sostegno alla parte imperialista della NATO. Con la stessa logica, salutano l’avanzata dei jihadisti in Siria, promossa da Israele e Turchia, come una “rivoluzione”, o invocano in Venezuela il passaggio del governo nelle mani dell’opposizione legata agli Stati Uniti.
Ribadiamo che si tratta di un’unica guerra imperialista, di due campi [a scontro] estranei ai lavoratori, che l’Ucraina e Volodymir Zelensky agiscono come pedine per conto della NATO e che l’atteggiamento nei confronti della guerra imperialista: adattamento alle [rispettive] borghesie oppure internazionalismo e indipendenza dei lavoratori, separa i campi della sinistra rivoluzionaria.
7. Un punto imprescindibile di questo quadro è la solidarietà internazionalista contro la repressione esercitata, con sempre maggiore intensità, dai governi della guerra e della fame. Segnaliamo che la repressione si sta scaricando innanzitutto sulla sinistra e sui settori militanti del movimento operaio e studentesco, cioè sui settori che affrontano, con le loro azioni pubbliche e militanti, le conseguenze sociali dello sforzo bellico e delle misure di austerità dettate dal capitale imperialista. È la situazione del movimento “piquetero” in Argentina, del sindacalismo di base in Italia, degli studenti in Grecia, dell’attivismo sindacale in Turchia, della persecuzione del movimento per la causa palestinese, del movimento sindacale in Gran Bretagna alle prese con l’austerità e di molti altri.
8. Sulla base di questa comprensione e lettura comune, delle grandi lotte di massa che cominciano a prendere forma con gli scioperi in Italia, Francia e Germania, del grido dei popoli a sostegno della Palestina, dello sforzo di ricomposizione dei movimenti dei lavoratori e degli sfruttati in tutti i Paesi, chiamiamo a organizzare azioni contro la guerra imperialista, tra cui una conferenza internazionalista contro la guerra nel 2025.
Ai governi della fame e della guerra opponiamo la lotta per i governi dei lavoratori in tutto il mondo e la fratellanza internazionalista della classe operaia e degli sfruttati. Ancora una volta diciamo: “proletari e oppressi di tutto il mondo, unitevi”.
For a gathering of internationalists against the imperialist war
1. The fall of the Assad regime and the control of Syria by HTS and other allied opposition forces backed by NATO powers, is taking the trend towards a new global imperialist war a step further.
We are not facing a popular or democratic victory, but a new division of Syria, placing it on the side of regional powers such as Turkey or Israel, and in the international arena of NATO. It was seen that the defense capacity of the bourgeois Assad regime, whose economy was destroyed, whose supporters such as Hezbollah and Iran were extremely weakened and which was rotting from within, was finished.
The current situation in Syria is historically rooted in the defeat of the great Syrian popular uprising of 2011-2012 – a defeat due as much to the ruthless repression of the Baathist regime and by the reactionary involvement of the United States, Turkey and Saudi Arabia, as to the fragmentation and deviation -on confessional, ethnic and local bases- of the initially unitary popular movement, to which all the regional and global powers have made a decisive contribution, now disputing, weapons in hand, the strategic Syrian territory.
The Assad family regime ransacked the country for decades, turning the socialist promises of the Baath Party into an authoritarian and police state, implementing neoliberal policies of impoverishment. The Assad regime’s “anti-imperialism” has always been a bargaining chip, such as when it supported the US intervention in Iraq. The bloody civil war that sought to crush the popular uprising left half a million dead and millions displaced. No popular sector has risen up in its defense, and its own allies-protectors have deemed it too costly and risky to engage in trying to save it.
This new situation is certainly unfavorable to Russia and Iran, as Syria was historically on the Russia block and more recently under the Iranian influence. Immediately the Zionist state, Turkey, the United States and NATO have intensified their war operations in Syria and in the Middle East, taking the trend towards a new global imperialist war a step further. In fact Israel and the Western imperialist powers feel encouraged to carry out their offensive in Yemen too, as they are already doing, and to intensify their threats and maneuvers in the direction of Iran, by trying to foster also a regime change
The group that led the military offensive against the Assad regime, the HTS, is not a revolutionary force but one of the strands of Islamic fundamentalism, supported by Turkey and other reactionary regimes of the Middle East, as well as the USA and Israel, which are actively intervening in order to control the process that is developing in that country. The other opposition formations are also characterized by their links with regional and international powers, starting with the Syrian National Army, a mercenary force armed by Erdogan’s Turkish government. The communiqué after taking power announces a call for ‘national unity’ and their willingness to move closer to Israel and the West, while targeting Iran, meaning they are preparing to act as pawns in the imperialist regional dispute. The new provisional government, in which a trusted confidant of the HTS leader was appointed, emerged from an agreement with al-Assad’s prime minister. They are working towards putting together an ‘orderly transition’ in which efforts will be made to leave vital aspects of the deposed regime in place. Nothing good for the peoples of the world can be expected from this new regime, which embodies the most reactionary obscurantism and attacks on the independent organization of the people.
We are on the side of the Syrian’s workers and peasants who struggle for their democratic and economic rights, and on the side of women and minorities fighting for their demands, against the danger of a theocratic oppressive regime emerging in Syria, against the old and new bourgeois leaders, and against the threat of a fragmentation of the country.
A special problem is posed with the national demands of the Kurdish people, regarding which we stand for their right to self-determination. But it should be noted that the strategy of acting as auxiliaries to an imperialist camp constitutes a terrible blow to the cause of liberation of the Kurdish people. People of Kurdish origin are being used as bargaining chips in regional negotiations and there is a real danger of the United State’s impending betrayal to Kurdish people, while systematic attacks are carried out by Turkish government proxy forces.
Taken as a whole, the situation in Syria represents an episode of the imperialist war. We are faced with an attempt to set up a pro-imperialist regime – even if it is wrapped up in ‘democratic’ rhetoric – that is part of an international political reconfiguration tailored to the liking of the western powers.
We denounce that in the framework of this confrontation of forces both the HTS group and the jihadist and mercenary formations as well as the forces of Al Assad, Iran and Russia constitute reactionary camps that are refractory to the interests of the workers. This carnage must be overcome. Only the entry on the scene of an alternative of unity of the exploited and for the expulsion of imperialism, Zionism and the local regimes of oppression can change this picture. We claim the popular uprisings in the region, such as those in Iran or Lebanon, or before that, the Arab Spring, as well as the heroic Palestinian resistance and the international support for their cause.
2. The escalation of the imperialist war continues to become more severe on the Ukrainian front. The US, UK and French governments authorized the use of long-range missiles that have already hit Russian soil. It should be made clear that these are weapons that can only be fired by satellites calibrated by NATO members and must be operated from launch to detonation by US military officers. They thus constitute an even more direct and undisguised involvement of NATO in the war.
At the same time, the debate over troop deployment, whether by the regular army or private companies, has flared up in Europe, especially in France and the UK. The rest of the continent’s countries are also preparing for a new phase of mass or compulsory conscription. They have had signals in favor of sending troops to Ukraine from Lithuania (supported by Germany) and Poland.
The prospect of an autonomous European military force, which EU heads of state are discussing, puts into perspective the possibility of major tensions within NATO. Donald Trump’s diatribes about who bears the greatest financial cost of operations in Ukraine have the context of the clashes between the United States and European countries over how to divide spheres of influence and economic agreements. The Nord Stream pipeline explosion, an act of war against their European allies under the Biden administration, is one of the antecedents in this growing inter-imperialist hostility in the NATO bloc.
The division of tasks between NATO partners also includes projections about the ‘reconstruction’ of Ukraine and a ‘peace’ which, if it succeeds, will be an imperialist peace, i.e. the dismemberment of Ukraine into territories or zones of influence, the plundering of natural resources and the unloading on Ukrainian and European workers of the real economic and social costs of the war. But even a settlement in Ukraine does not ensure a lasting peace as was the case with previous agreements. The Western imperialist powers want to defeat Russia at all costs, including disputes over its sphere of influence and the possibility of a regime change.
Russia does not represent an anti-imperialist barrier or a beacon of combat for the peoples. Putin’s regime is advancing on Ukraine to preserve the big Russian oligarchs’ slice of the regional divide. Its military forces operate as invaders seeking to subjugate neighboring peoples, a far cry from the glorious proletarian Red Army. Putin relentlessly pursues the left and workers’ opposition, preventing the last vestiges of independent organization, and applies a general crackdown on democratic freedoms.
We reaffirm, echoing the tradition of the Zimmerwald and Kienthal conferences, that the main enemy is at home. Down with war and hunger governments, down with war funding and military budgets. We call for fraternization between the workers and soldiers of Ukraine and Russia, and for the imposition of proletarian power.
3. Donald Trump’s victory in the US elections has been accompanied by an aggravation of all existing tensions. Trump has signalled his willingness to cut off support for the war in Ukraine, trying to force a peace agreement that could include territorial concessions favorable to Putin. His aim is to point all guns towards a more direct confrontation with China. At the same time, he has announced a tariff policy against China, the European Union and even free trade partners Mexico and Canada. The crisis in the US is brutal, and it is not clear that the measures he proposes would solve the problem, they might rather aggravate the recession.
At home in the US, he intends to institute a regime of offensives against the workers, announcing mass deportations, state layoffs to fill the state with far-right officials and a reinforcement of repressive forces.
In the face of Trump, Meloni and Milei, it is necessary to organize the fight against the ultra-right and the fascistic forces. This fight is defined on the streets and in the direct action of the united front of the forces of the working class. We reject the policy of raising expectations in bourgeois democracy as a way of combating the far right. The fronts with the ‘democratic’ bourgeoisie bind the workers hand and foot and lead to the worst betrayals and defeats. The other bourgeois resource that emerges in parallel to the new ultra-right groups is the class-collaborationist popular front and the integration of working-class forces into bourgeois governments or cabinets. It should be noted that it has been the governments of so-called ‘democratic’ imperialism that have undertaken the biggest massacres of this last period, as well as unheard of austerity measures on the peoples.
Reformist parties and reformist leaders do not really fight the ultra-right, but they cheat and betray the workers who trust them. An example of this is the total dissolution of the Bernie Sanders and Ocasio-Cortez behind the genocidal government of Joe Biden and Kamala Harris, or the agreement towards a Republican Front in France, which only helped Macron to stay in the saddle and seek new center-right, totally anti-proletarian, solutions to the deep French political crisis. It has been the reliance on traditional bourgeois forces and the subordination of the so-called institutional left to them that has paved the way for the ultra-right and the fascists.
4. China is neither a banner of peoples’ liberation nor a fulcrum for anti-imperialist initiatives. Neither is Xi Jinping or the CCP bureaucracy. Its action towards the peoples of the world with the so-called ‘New Silk Road’ has not been that of a fair exchange aimed at mutual complementation and planning, but has had the same basis and premises as that of any capitalist or imperialist enterprise, i.e. the primacy of a predatory and confiscatory interest, which in this case is embodied by the Beijing bureaucracy and its native bourgeoisie. Within its own territory, the Chinese working class is exploited and oppressed, and is deprived of any possibility of independent intervention. It has been stripped of all control over its organizations and workers’ dissent has been banned at the dictates of the party. China is a central piece and part in the imperialist war.
The United States is seeking a way out of its own crisis of capitalist hegemony by using its military might to advance and attempt to impose itself. This is the function of the US military encirclement of the Chinese Sea, the rearmament of South Korea, Japan and Taiwan, and the formation of a kind of NATO of the Pacific Ocean, the AUKUS of the United States, the United Kingdom and Australia. Added to this is India’s involvement in military preparations against China, which shows that the BRICS are neither a politically homogenous bloc nor an alternative emancipatory or anti-imperialist project for the working class.
5. In Gaza, in the West Bank, in Lebanon, the state of Israel continues to commit genocide against the Palestinian people, the biggest massacre in recent times. The signing of the ceasefire agreement with Hezbollah has not been honored by Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu. In reaction, Israel has repudiated the 1974 treaties and has proceeded to reinforce its presence with bombings and incursions, penetrating even beyond the Golan Heights into the former ‘buffer zone’. With NATO’s support, their intention is to consolidate the annexations of Palestine, Lebanon and Syria that the ultra-Zionists project as ‘Greater Israel’.
The massacre of the Palestinian people, with the annihilation of countless human lives, the death marches, the wiping out of all civilian and humanitarian infrastructure, has not, however, been a total triumph for Prime Minister Benjamin Netanyahu and his masters in the United States. The Israeli government continues to grapple with the continuing fierce resistance of the Palestinian people to Zionist and imperialist domination, which must be supported unconditionally, without this meaning to agree with the orientation of its leadership. As revolutionary internationalists we actively defend their fair resistance and call for an end to the genocide and for a single Palestine, including the right of return, which is for us a secular and socialist Palestine. An action that must be understood on the road to power for workers and peasants throughout the Middle East.
6. The left, generally speaking, has stood in the face of imperialist war by repeating the betrayal of the old social democracy which voted the so-called ‘war credits’ in 1914, i.e. by supporting their respective bourgeoisies against the rival states. With honorable exceptions, the forces of the institutional left, communist and socialist parties, and nationalist groups in the West voted in favor of budgets and funding for the war in Ukraine, whether in national or European parliaments, as did DSA in the United States. The same attitude was adopted by the so-called Russian Communist Party and other left-wing forces, in this case in favor of Putin’s approach. A fierce denunciation and demarcation with these groups is necessary. The massacres of capital are financed by the hunger of the people, on whom the burden of increasing military budgets falls, while social spending on work, housing, health, education, pensions and infrastructure collapses under ‘austerity measures. The satisfaction of popular demands is incompatible with the continuity of war governments.
There is also the case of the left which, claiming to be revolutionary, has adapted to imperialist pressure, demanding money and arms for Ukraine, while others have wanted to see in the Russian army a revolutionary counterweight to the West. Others have developed the curious thesis of a ‘dual’ war and justify, with the right to Ukrainian national self-determination, support for the imperialist NATO side. With the same logic, they hail the advance of the jihadists in Syria, promoted by Israel and Turkey, as a ‘revolution’ or call for the handover of the government in Venezuela to the US-linked opposition.
We reaffirm that this is a single imperialist war, of camps alien to the workers, that Ukraine and Volodymir Zelensky act as pawns on behalf of NATO, and that the attitude to the imperialist war, whether of adaptation to the bourgeoisies or of internationalism and workers’ independence, separates camps in the revolutionary left.
7. An unavoidable point in this picture is the internationalist solidarity against the repression exercised, with increasing emphasis, by the governments of War and Hunger. We point out that the repressive blow is being unloaded first of all on the left and the militant sectors of the workers‘ and students’ movement, i.e. sectors that are confronting, with their public and militant actions, the social consequences of the war effort and the austerity measures dictated by imperialist capital. This is the situation of the “piquetero” movement in Argentina, of grassroots trade unionism in Italy, of students in Greece, of labor activism in Turkey, of the persecution of the movement for the Palestinian cause, of the trade union movement in Great Britain facing austerity and so many others.
8. Based on this common understanding and reading, on the great mass struggles that are beginning to take shape with the strikes in Italy, France or Germany, on the clamor of the peoples in support of Palestine, on the effort to recompose the workers’ and exploited movements in all countries, we call to organize actions against the imperialist war, including an internationalist conference against the war in 2025.
We oppose the governments of hunger and war to the struggle for workers’ governments all over the world and the internationalist brotherhood of the working class and the exploited. Once again, we say: ‘proletarians and oppressed of the world, unite’.