Riprendiamo la denuncia comparsa su un articolo della rivista tedesca German Foreign Policy, del 31.01.2017: “Rückschub in die Hölle”, completandola con nostre annotazioni
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Il respingimento dei rifugiati è usato come motivo centrale dall’Unione Europea, e dai vari paesi Italia compresa, non solo per cercare la collaborazione con la guardia costiera libica, ma anche per installare un “governo di unità” a Tripoli. Questo governo, non riconosciuto da importanti fazioni libiche e anzi combattuto, è però necessario per poter stringere accordi, che risultino avere una validità perlomeno apparente, per una comune lotta contro i rifugiati. Di questo ha una forte responsabilità l’incaricato speciale ONU, il tedesco Martin Kobler, il quale ha dichiarato di essere rimasto sconvolto dalle condizioni in cui vivono i profughi nel centro di detenzione di Abu Salim, Libia, da lui visitato lo scorso maggio. Condizioni che dal recente rapporto ONU,[1] non sono ad oggi mutate.
Enormi responsabilità le ha anche il governo italiano!!!: «Il nuovo ambasciatore d’Italia in Libia, Giuseppe Perrone, presenterà oggi le credenziali al presidente del Consiglio presidenziale, Fayez al Serraj dopo avere ricevuto ieri il ministro dell’Interno, Marco Minniti in visita a Tripoli proprio per avviare una nuova fase di cooperazione nel settore migratorio che culminerà nella firma di un accordo bilaterale da tenersi a Roma entro gennaio in occasione della visita che Serraj farà nel nostro Paese. … è stato concordato che l’ambasciata italiana fungerà da «centro di coordinamento principale» di tutti i progetti di collaborazione tra Italia e Libia che riguardano la lotta al «contrabbando in tutte le sue forme» e la protezione dei confini, con particolare riferimento ai confini Sud del Paese africano. … Nelle valutazioni sia da parte italiana che libica l’accordo per la sicurezza riguardo ai confini meridionali (da dove provengono quasi tutti i migranti dei Paesi dell’Africa Subsahariana) rappresenta uno strumento fondamentale per contenere il traffico di esseri umani prima che arrivino nelle cittadine costiere.»[2]
Se il vertice UE a La Valletta previsto per il prossimo venerdì deciderà di rafforzare la cooperazione con le guardie costiere libiche, e di impedire il più possibile che i profughi vengano trasportati per nave in Europa, è da prevedere un forte aumento del numero di profughi incarcerati e torturati nei centri di detenzione libici, che così divengono “lager per l’Europa”.
Le navi UE della Operazione Sophia che incrociano non lontano dalle coste libiche possono prendere a bordo i profughi delle barche, ma non potrebbero riportarli in Libia, perché sarebbe una violazione del diritto internazionale. Per eludere questa legislazione la UE sta cercando di fare sì che sia la guardia costiera libica a raccogliere il maggior numero possibile di profughi e a riportarli a terra, e per questo l’ha addestrata, nel quadro dell’Operazione Sophia a partire dallo scorso ottobre 2016. Per il futuro, l’addestramento sarà fatto anche a bordo di otto motovedette, che l’Italia consegnerà a breve alle guardie costiere libiche.
La Guardia Costiera è nota per l’uso della violenza contro i rifugiati – a volte con conseguenze mortali – e anche per non aver remore ad attaccare le navi di organizzazioni umanitarie. Ne hanno documentato varie organizzazioni, tra cui Medici senza frontiere, Human Rights Watch, etc. Un esempio della violenza di queste operazioni è stato l’attacco del 21 ottobre 2016 da parte di una guardia costiera libica contro una barca di rifugiati che si è concluso con il suo affondamento, e la morte di 30 di loro.
Al di là di queste violenze occorre ricordare che il compito assegnato ai guardiacoste libici è quello di trasferire i profughi catturati in centri di detenzione a terra. Un recente rapporto “interno”, inviato dall’ambasciatore tedesco in Niger alla Cancelleria e a diversi ministeri, paragona la situazione nei centri di detenzione in Libia a quelli dei campi di concentramento.
I locali dei centri di detenzione – di solito molto sporchi, poco ventilati, spesso senza servizi igienici, a volte con pareti macchiate di sangue – sono regolarmente molto sovraffollati, talmente sovraffollati che a volte i profughi possono dormire solo in posizione seduta. In molti campi i prigionieri non hanno sufficiente alimentazione; in quelli di Tripoli ricevono solo il 35% delle calorie necessarie, a volte non ricevono neppure alimenti o solo acqua non potabile. Insufficienti o del tutto assenti le cure mediche. Quotidiana la violenza da parte delle guardie. I profughi vengono insultati, picchiati, presi a calci, a volte fino a farli morire, oppure gli sparano.
Dal rapporto inviato dall’ambasciata tedesca sulla base di testimoni oculari, di profughi cioè che sono riusciti a fuggire da questi campi, risulta che ogni venerdì in uno dei centri di detenzione vengono regolarmente uccisi cinque profughi, per far posto a nuovi arrivi e così alzare i guadagni dei “gestori”, oppure vengono uccisi perché non sono in grado di pagare, o vengono abbandonati nel deserto…[3]
Soprattutto le donne, ma anche gli uomini sono regolarmente sottoposti a stupro. Spesso le guardie estorcono denaro alle famiglie dei prigionieri per liberarli; i profughi vengono venduti come lavoratori forzati. E tutto questo non avviene solo nei centri di detenzione irregolari controllati da milizie, contrabbandieri, capi locali, ma anche nei centri ufficiali del Dipartimento per la Lotta alla Migrazione Illegale (DCIM), sotto il controllo del ministero degli Interni del governo protetto dalla UE. A La Valletta saranno discusse anche altre misure, tra cui un finanziamento da €3,2 milioni per il coordinamento delle guardie costiere dei paesi del Mediterraneo. Allora non solo la guardia costiera italiana ma anche Operazione Sophia della UE e l’Agenzia UE Frontex con la sua Operazione Tritone potrebbero condurre direttamente le guardie costiere libiche alle barche dei profughi che verrebbero subito riportati in Libia e tenuti nei centri di detenzione.
[1] United Nations Support Mission in Libya, Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights: “Detained and Dehumanised”. Report on Human Rights Abuses against Migrants in Libya. 13 December 2016 in: [http://unsmil.unmissions.org/Default.aspx?tabid=5662&ctl=Details&mid=6187&ItemID=2099826&language=en-US]
[2] Sole24Ore, 10.01.2017
[3] Neues Deutschland, 29.01.2017, »KZ-ähnliche Verhältnisse« in Libyens Flüchtlingscamps, Bericht der deutschen Botschaft in Niger; Die Welt, 29.012017, Auswärtiges Amt kritisiert „KZ-ähnliche Verhältnisse“