ANAIS GINORI
Truppe a Baidoa per proteggere il governo dagli
integralisti
Operazione per difendere la
sede dell´esecutivo transitorio Falliti i negoziati
Addis Abeba: "Useremo ogni mezzo" Preoccupazione dagli Stati Uniti
per la crisi
Il rischio di una nuova guerra nel Corno d´Africa è sempre
più vicino dopo che l´Etiopia ha mandato un centinaio di soldati a presidiare
la città somala di Baidoa. Una "invasione" concordata con il
governo transitorio della Somalia e che mira ad arrestare l´avanzata delle
milizie islamiche diventate padrone della capitale Mogadiscio all´inizio di giugno.
Le truppe etiopiche sono arrivate a Baidoa, la città somala sede del governo
transitorio del primo ministro Ali Gedi e del presidente Abdullahi Yussuf.
L´allarme era stato lanciato mercoledì dopo l´avvistamento di numerosi
miliziani islamici a meno di 60 chilometri da Baidoa. «Useremo ogni mezzo per
difendere la città» aveva avvertito l´Etiopia che in questo momento è
alleata del governo di transizione somalo. L´Etiopia, paese a guida
cristiana, non vuole avere alle porte di casa un regime di Corti islamiche e
teme che l´obiettivo dei guerriglieri, oltre che di governare con la sharia,
sia anche quello di realizzare una "Grande Somalia", riconquistando
la regione dell´Ogaden, di etnia somala ma sotto il dominio etiopico.
La Somalia vive ormai da quindici anni – dalla caduta dell´ultima dittatura
di Siad Barre – una guerra civile senza fine. Il governo transitorio formato in
esilio nel 2004 a Nairobi non è mai riuscito a prendere il controllo del paese.
Un rapporto delle Nazioni Unite aveva accusato l´Eritrea di finanziare e
rifornire di armi i miliziani delle Corti islamiche. Il conflitto in Somalia
potrebbe insomma rapidamente allargarsi all´intera regione del Corno d´Africa.
L´avanzata dei fondamentalisti preoccupa anche gli Stati Uniti che temono la
creazione di una nuova roccaforte per Al Qaeda. Inutilmente, gli americani
avevano sostenuto i "signori della guerra" che difendevano Mogadiscio
e che sono stati sconfitti un mese e mezzo fa.
I soldati inviati da Addis Abeba, con artiglieria pesante e mezzi blindati,
hanno compiuto più che altro una dimostrazione di forza. In serata, secondo
alcuni testimoni, si erano già ritirati. Durante la loro ricognizione hanno
bloccato le linee telefoniche di Baidoa per impedire le comunicazioni tra i
miliziani islamici. Non è la prima volta che l´Etiopia valica i confini:
ci sarebbero già 5.000 soldati in territorio somalo e ancora di più sarebbero
alle frontiere.
Dopo il nuovo "sconfinamento", le Corti islamiche hanno annunciato
una "guerra santa" contro le truppe di Addis Abeba. «Se Allah
vorrà, cacceremo gli etiopi dal nostro paese» ha detto lo sceicco Mukhtar
Robow, responsabile alla difesa del regime islamico. Il 22 giugno, i
fondamentalisti e il governo transitorio avevano firmato un cessate il fuoco e
dovevano incontrarsi domani in Sudan. L´accelerazione della crisi sembra
destinata a far fallire qualsiasi ulteriore negoziato. «Gli islamici vogliono
soltanto distruggere il nostro governo e destabilizzare l´Etiopia» ha
commentato il ministro dell´Informazione, Zemedhun Tekle.
Le Corti islamiche di Mogadiscio, al potere nella capitale e in gran parte
delle regioni del sud, proclamano invece di voler «mettere ordine al caos
grazie all´islamizzazione». In caso di conflitto esteso, il governo
transitorio non avrebbe la forza né i mezzi di bloccare l´avanzata dei
miliziani se non con l´appoggio dell´Etiopia. Inoltre, l´esecutivo somalo
appare sempre più diviso. Il primo ministro Ali Gedi e il ministro
dell´Interno, Hussein Aidid, rifiutano di dialogare con quelli che definiscono
"terroristi". Il portavoce del parlamento Sharif Assan Sceikh Aden
vuole invece i negoziati e ha mandato una decina di deputati a Mogadiscio per
trovare un´intesa con i miliziani. Non è escluso che l´incursione
dell´Etiopia provochi a breve cambiamenti nel governo transitorio, e forse la
nomina di un nuovo primo ministro.