La questione dell’immigrazione dal Messico è stata un punto caldo della campagna presidenziale americana: il neo-presidente eletto Donald Trump ha promesso di deportare “almeno 11 milioni” di immigrati illegali, che competono direttamente nel mercato del lavoro con i lavoratori americani più vulnerabili, sottraendo al sistema più di quanto rendono. Questa la tesi di Trump.
(In seguito Trump ha ammorbidito la sua posizione limitandosi a parlare di deportazione dei criminali immigrati illegali).
Invece, secondo lo studio della City University di NY, il contributo degli oltre sette milioni di lavoratori illegali è pari al 3% del PIL americano del settore privato, cioè oltre 5000 miliardi in un decennio, mentre la loro quota sugli occupati è del 5%. Se mancassero, all’imperialismo americano verrebbe a mancare anche questa quota di PIL.
Il loro livello medio di istruzione è inferiore ai 10 anni di studio, contro i quasi 14 anni dei lavoratori nati negli Usa, ma occorre rilevare che ci sono anche immigrati illegali qualificati e specializzati, che lavorano in settori come la Finanza e le IT, dove rappresentano il 2% degli occupati, e guadagnano quasi come gli americani, circa 1300 $ la settimana.
Nell’economia del settore privato della California i lavoratori illegali rappresentano attorno al 10% della forza lavoro. Senza di loro il PIL californiano diminuirebbe di quasi il 7%, un tracollo significativo, nell’ordine di quello della Grande Recessione.
Gli imprenditori americani dei settori che richiedono forza lavoro a bassa qualifica – alberghiero, costruzioni e agricoltura, la cui spina dorsale è rappresentata dagli immigrati messicani[1] – stanno faticando a trovare la mano d’opera necessaria, sia perché, con la ripresa economica, il mercato del lavoro interno agli Stati Uniti offre una minore riserva di forza lavoro,[2] sia perché sono diminuiti gli immigrati illegali, in particolare i messicani. I messicani sono il 55% dei 7,1 milioni di lavoratori senza permesso presenti negli Usa, il 13% (pari a 900mila) proviene dall’Asia, mentre la maggior parte dei rimanenti è originaria dell’America Centrale e Meridionale.
Cala l’immigrazione
Secondo i calcoli di un economista della Federal Reserve Bank di Dallas in futuro gli Stati Uniti non disporranno più di un’ampia riserva di mano d’opera a bassa qualifica. La previsione si basa sui cambiamenti in corso nei flussi di immigrazione.
A fine anni Novanta e inizio Duemila entravano illegalmente ogni anno negli USA oltre 500mila messicani, un numero sceso a circa 350mila a metà anni 2000, e dal 2009 a circa 100mila.[3]
I rientri volontari di immigrati messicani uniti ai tre milioni di deportati da parte dell’Amministrazione Obama dopo il 2009, hanno ridotto il numero degli immigrati messicani senza documenti presenti negli Usa. Se nel 2007 erano 6,9 milioni nel 2014 erano scesi a 5,8 milioni. (dati Pew Center).
Molteplici le cause di questa tendenza al calo di immigrazione: le famiglie messicane sono più piccole, il che significa maggiore possibilità di allevarli,[4] i figli hanno un’istruzione scolastica migliore; alcuni Stati messicani hanno lanciato campagne per scoraggiare i giovani ad intraprendere il pericoloso viaggio verso gli Stati Uniti; infine i trafficanti di uomini chiedono prezzi più alti per far passare gli immigrati in aeree spesso controllate da bande della droga e per attraversare un confine divenuto ancora più impermeabile.
Altri fattori sono l’invecchiamento della popolazione americana, che fatica a sostenere lavori operai fisicamente usuranti, assieme alla maggiore tendenza a conseguire una laurea, a specializzarsi e quindi a non accettare posizioni lavorative con basse qualifiche. Questa situazione di tensione nel mercato del lavoro è aggravata dal fatto che il Congresso americano non è riuscito a raggiungere una soluzione di compromesso sull’immigrazione, in grado di rispondere al fabbisogno delle imprese di una forza lavoro stabile e legale.
La carenza di forza lavoro sta contribuendo all’aumento dei salari
La carenza di forza lavoro sta contribuendo all’aumento dei salari, come pure al miglioramento delle condizioni di lavoro, e di conseguenza all’incremento dei costi di produzione. Questo ovviamente non piace a nessun imprenditore che cerca di vincere la concorrenza offrendo la propria merce a prezzi inferiori.
Nel settore ristorazione e alberghiero a maggio 2016 c’erano 700mila posti di lavoro vacanti, pari a un tasso di posti vacanti pari al 5,1%, il più alto dal 2001.[5]
Secondo uno studio del National Bureau of Economic Research,[6] ogni nuovo immigrato ha prodotto circa 1,2 nuovi posti di lavoro negli Usa,[7] la maggior parte dei quali è stata occupata da lavoratori nativi. Gli immigrati avrebbero fatto aumentare i salari del settore locale dei servizi non commerciabili e attirato lavoratori nativi da tutto il paese.
Quindi, la carenza di immigrati danneggia anche i lavoratori statunitensi, perché rallentando lo sviluppo economico non favorisce anche la creazione di posti di lavoro più qualificati che potrebbero essere occupati da americani. (Ad es. per un ristorante: se mancano lavapiatti, il ristorante non può crescere, e non verranno assunti manager)
Nel 2015 l’86% delle imprese del settore costruzioni ha faticato a trovare carpentieri, elettricisti, etc.[8]
Qualche esempio di come la scarsità di mano d’opera si traduce nella compravendita della forza lavoro:
il padrone di una catena di ristoranti (Tacolicious) dice che cerca di offrire un ambiente amichevole ai suoi dipendenti per impedire che se ne vadano: ha concesso pause per guardare le partite di soccer, possono ascoltare la radio mentre lavorano, ha offerto lezioni gratuite di inglese; intende introdurre congedi per paternità e istituire un fondo di studio per i figli dei dipendenti.
Un imprenditore del settore costruzioni riferisce che quest’anno ha dovuto alzare già due volte il salario degli operai tettaioli, portandolo dai 17,65 $ l’ora del 2015 a oltre $20/h. Inoltre, per tenersi e attirare operai, ha deciso di aumentare i benefit: offre un corso di management per i capisquadra, corsi di inglese e una gratifica di $250 per chi gli segnala altri lavoratori disponibili.
Per il settore sanitario il ministero del Lavoro prevede che nel prossimo decennio, con l’invecchiamento dei baby boomer, la domanda per assistenti a domicilio aumenterà del 40%, il tasso di crescita più alto di qualsiasi tipo di occupazione.
Particolarmente colpita dalla scarsità di mano d’opera è l’agricoltura, dove circa il 70% dei braccianti è senza documenti, e la stragrande maggioranza è messicana (stima della American Farm Bureau Federation). La forza lavoro umana non è sostituibile con i macchinari – dice il proprietario di un’azienda di raccoglitori di agrumi della Florida – perché le macchine non distinguono un frutto acerbo da uno maturo.
Per ovviare al problema della carenza di mano d’opera gli agricoltori americani utilizzano in modo crescente il programma H-2A, il programma per lavoratori agricoli temporanei ospiti, che permette loro di assumere lavoratori stagionali se dimostrano che non ci sono lavoratori americani disposti a farsi assumere; con questo programma viene offerto anche un alloggio e il trasporto. Nel 2015 tramite l’H-2A sono entrati negli Stati Uniti 250mila lavoratori, con un aumento del 420% rispetto al 2006. Ma anche questo programma non risponde in modo adeguato alle esigenze degli agricoltori, che lo definiscono troppo burocratico costoso e inefficiente. Infatti nel 2015 in almeno 22 stati gli agricoltori hanno subito danni a causa dei ritardi amministrativi dovuti all’H-2A, diversi tipi di raccolti sono andati a male perché non i braccianti non sono arrivati in tempo.
I piccoli imprenditori chiedono visti di lavoro per gli immigrati, non muri
Gli imprenditori di settori a bassa qualifica sopra menzionati chiedono al nuovo governo americano di varare un programma di visti di lavoro per gli immigrati, perché possano lavorare legalmente e uscire dal sommerso. Nel 1986 il presidente Ronald Reagan decretò l’amnistia per 6 milioni di immigrati senza documenti, giunti prima del 1982 e che avevano lavorato in modo continuo negli Usa per 5 anni. Nei sei anni successivi questa concessione avrebbe fatto aumentare del 15% i salari dei lavoratori regolarizzati. Lo studio sopra riportato[9] valuta che un’amnistia per i lavoratori senza permesso costituirebbe un incentivo alla loro produttività, che potrebbe aumentare fino al 20%, pari a un 0,6% del PIL. Lo starebbe a dimostrare il fatto che la produttività degli immigrati legali è superiore di circa il 25% rispetto a quella degli illegali, a parità di esperienza e livello di istruzione.
Anche dal punto di vista della questione immigrazione, la nuova Amministrazione americana con Trump presidente dovrà trovare una soluzione di compromesso con quella numerosa frazione della borghesia americana che prospera sullo sfruttamento degli immigrati, legali o illegali che siano. Nel 2014, le piccole imprese fino a 20 addetti erano quasi il 90% del totale,[10] e sfruttavano oltre 20,5 milioni dei 20 687 543 salariati del privato, pari a quasi il 18% del totale; quelle fino a 49 addetti rappresentavano quasi il 22% del totale dei lavoratori americani del privato.[11]
Fight for 15$
A noi comunisti però non interessano le sorti dei padroni, piccoli o grandi che siano, ma dei loro salariati, e in particolare quelli che non hanno alcuna tutela perché “senza documenti”, o “illegali”. Le condizioni in cui vivono e lavorano, i servizi a cui possono accedere o che vengono loro negati possono essere migliorati, ma certamente non dal presidente uscente Obama, e neppure da quello eletto Donald Trump, o dai candidati democratici sconfitti, il “radical” Bernie Sanders che, nonostante si dica fortemente contrario alle guerre dell’imperialismo americano, dopo aver perso alle primarie democratiche ha espresso il proprio endorsement alla rivale, il falco Hillary Clinton.
La strada da percorrere la sta indicando il movimento Fight for 15$, che lotta per i diritti sindacali e per generalizzare un salario orario minimo di 15$ l’ora. Con le sue battaglie ha già ottenuto importanti conquiste, quella più importante è politica, è la sua capacità di coinvolgere un numero sempre maggiore di lavoratori, di colore e nativi, in vari settori, e di affermare con la lotta il diritto a organizzarsi e difendersi. Il 29 novembre ha organizzato manifestazioni in 340 città degli Stati Uniti, incontrando la repressione della polizia del democratico nero Obama, oltre 100 gli arrestati nella sola città di Kansas City. Sono scesi in lotta i lavoratori di una ventina di aeroporti, dei fast food, operatori per l’assistenza domiciliare, l’assistenza all’infanzia, delle scuole superiori, e per la prima volta gli autisti di Uber.
[1] Nelle costruzioni, in agricoltura e nell’alberghiero gli immigrati senza permesso costituiscono il 10-18% della forza lavoro. Tra gli immigrati illegali, sei su 10 lavorano appunto in questi settori, una percentuale doppia rispetto a quella dei lavoratori lavoro nati negli Usa. Dati Pew Research Center
[2] A novembre 2016 il tasso di disoccupazione ufficiale negli Usa è al 4,6%; se si comprendono gli scoraggiati, coloro cioè che non cercano più lavoro perché scoraggiati la percentuale sale al 5%, il tasso di disoccupazione giunge al 9,3% comprendendo anche coloro che sono “collegati in modo marginale al lavoro” (cioè chi non lavora e non cercano lavoro masi dicono disposti a lavorare e negli ultimi 12 mesi ha cercato lavoro) + coloro che sono obbligati ad accettare un lavoro part time perché non ne trovano uno a tempo pieno (BLS, Bureau of Labor Statistics, 2.dic. 2016)
[3] Ibid.
[4] Negli ultimi venti anni le famiglie messicane hanno avuto una media di poco più di due figli, mentre a fine anni Sessanta erano quasi sette figli per famiglia; mentre la popolazione messicana invecchia, diminuisce la quota di persone tra i 15 e i 29 anni, l’età che tende all’immigrazione; nel 2014 questa fascia era del 25% mentre negli anni Novanta era del 30%
[5] Bureau of Labor Statistics
[6] Are Immigrants a Shot in the Arm for the Local Economy? (Gli immigrati sono una boccata di ossigeno per l’economia locale?), Gihoon Hong e John McLaren
[7] Il 62% di questa nuova occupazione è stata generata nel settore dei servizi non commerciabili
[8] Associated General Contractors of America
[9] City University di New York
[10] 5 205 640 su un totale di 5 825 458, pari al 89,36%;
[11] 20 687 543 addetti, su un totale di 121 069 944 addetti, pari al 17,87 %; le imprese fino a 49 addetti erano 5 596 800, con 26 284 343 salariati, pari al 21,71% del totale; dati United States Census Bureau,