(Casalbuttano, 1899 – Pavia, 1921), studente
Fervente socialista e antimilitarista sin dal Liceo sulle pagine del giornale «Lo Studente», circostanza che gli procura alcune difficoltà con la polizia, alla fine del ’17 arrivò al collegio Ghislieri di Pavia come studente in medicina, accompagnato da una segnalazione della polizia di Cremona. Richiamato nel gennaio 1918 per il servizio militare a Cremona, declassato a soldato semplice perché antimilitarista, riprese i contatti con i compagni della FIGS. A guerra finita fondò a Cremona «Il Bolscevico», un periodico di cui uscirono solo tre numeri perché nel gennaio 1920, congedato, tornò a Pavia per proseguire gli studi. Eletto segretario provinciale della FIGS, seguì sul nuovo giornale «Vedetta Rossa» una vertenza dei braccianti in Lomellina, che strapparono in aprile agli agrari l’imponibile di manodopera, il controllo sul collocamento, le otto ore e consistenti aumenti salariali. Ghinaglia organizza i giovani socialisti in squadre di “ciclisti rossi” che tenevano i collegamenti durante gli scioperi. Dalla sconfitta del movimento di occupazione delle fabbriche (settembre-ottobre 1920, a Pavia interessate tra le altre la Necchi, la Moncalvi, la Torti), sia pure tardivamente, Ghinaglia trasse le conclusioni politiche: nell’articolo “O Lenin o Turati” del 12 ottobre 1920 dichiarò che si doveva rompere con i riformisti, ma anche con chi in nome di una falsa unità voleva tenerli nel PSI. E riferendosi alle indicazioni della Terza Internazionale, fondata nel marzo del 1919, scrisse:
“Il congresso del proletariato rivoluzionario di tutto il mondo, presieduto da Lenin, a Mosca, li ha espulsi e ci ha imposto di espellerli dalle nostre organizzazioni. O con Lenin o con Turati. O per la rivoluzione o per le riforme borghesi. Noi siamo con Lenin, per la rivoluzione. Sentiamo di non poter aderire sinceramente al partito socialista, fino a che nelle sue file trovano posto dei controrivoluzionari. I Noske, gli Scheidemann vogliamo averli di fronte, non di fianco. Aleggia intorno a noi lo spirito di Karl Liebknecht. L’assassinato non può stare con gli assassini!”.
Il 31 ottobre 1920 la mozione Ghinaglia di adesione alla Terza Internazionale ottenne 1276 voti contro 177 al congresso della FIGS pavese. Non così al congresso provinciale PSI, dove Ghinaglia raccolse 727 voti (contro i 3.121 dei massimalisti). A Livorno i pavesi portarono 184 voti ai riformisti, 2.732 ai massimalisti, 922 a comunisti. Nonostante l’arresto di alcuni militanti della Lomellina il nucleo comunista a Pavia era febbrilmente attivo. Nel febbraio 1921 erano costituite già 25 sezioni e 32 stavano per costituirsi. Il circolo giovanile “Karl Liebknecht” organizzava riunioni di studio per studenti e operai. «Vedetta Rossa», sequestrato per aver esaltato Liebknecht, venne sostituito da «Falce e Martello». Cominciarono i roghi delle Camere del Lavoro, delle Leghe, delle Case del Popolo. Ghinaglia su «Falce e Martello» (19 febbraio 1921) scrisse:
“Non dobbiamo illuderci che sia solamente il fascismo che terrorizza le piazze d’Italia; è la borghesia col suo governo, le sue spie, i suoi armati, che cerca tutti i mezzi per strangolare la volontà dei lavoratori… Non sono le sole organizzazioni fasciste, perché allora basterebbero le forze giovanili nostre per ridurre al silenzio questa gente, ma è tutta l’intera borghesia”.
Il 21 aprile 1921 Ghinaglia venne assassinato da una squadraccia di universitari fascisti mentre stava cantando “L’Internazionale”, come affermò il fascista della prima ora Arturo Bianchi. Sere prima in Borgo Ticino, il rione popolare “fortilizio dei socialcomunisti”, Ghinaglia aveva parlato a una riunione operaia sulla necessità di reagire allo squadrismo; al termine del comizio i bordighiani avevano attaccato e disperso un gruppo di fascisti che sui camion tornavano da una delle loro bravate notturne. Il funerale di Ghinaglia venne seguito da migliaia di studenti, operai, contadini. Gli assassini erano noti, ma l’omicidio restò impunito. Morto Ghinaglia, il gruppo comunista pavese perse in parte slancio, ma proseguì l’attività fino agli arresti di massa del 1927. I suoi dirigenti, Biazzoli e Riccardo Dagradi, si schierarono con Fortichiari e Bordiga.
Nel 1944 a Ghinaglia venne intitolato il Raggruppamento partigiano garibaldina a Cremona.