(Grosseto, 1903 – 1936), bracciante, carbonaio alle locomotive
Svolse lavori durissimi, “una vita infernale” (come sottolinea Aristeo Banchi “Ganna”). Aderì nel ’21 alla FGCdI. Il 17 agosto 1921 si trovava a Ravi quando un gruppo di minatori partì per Gavorrano dove le famiglie di alcuni compagni di lavoro erano minacciate da un’incursione di fascisti scarlinesi. Li aspettava un cordone di carabinieri; sembra che qualcuno gridasse: “Arditi del Popolo a noi!”, i militi caricarono, il minatore comunista 25enne Giovanni Pastasio venne tramortito col calcio di un moschetto e poi ucciso con un colpo di arma da fuoco. Aira e altre 29 persone vennero denunciate con l’accusa di violenza alle forze dell’ordine. Accusato del tentato omicidio di un fascista nella notte del 30 giugno 1922, Aira venne chiamato di leva in Marina alla Maddalena. Nel 1925 tornò a Grosseto e tentò di riorganizzare il PCdI costituendo cellule clandestine, iscrivendosi per copertura al sindacato fascista dei facchini. Lo aiutò Battistina “Tina” Pizzardo, compagna di Altiero Spinelli e, molto più tardi, di Cesare Pavese, dal luglio 1926 iscritta al PCdI. Nel luglio del ’27 la polizia fascista arrestò a Ancona il segretario interregionale comunista Aldo Penazzato, vicentino, classe 1904, nella FGCdI dal ’21, che fece trentatré nomi: cadde la rete clandestina comunista in Emilia e Toscana, fra gli arrestati Celeste Negarville, e Ilio Barontini. Penazzato tentò poi di ritrattare al processo ma il Tribunale Speciale lo condannò a 15 anni (nel 1933 venne accolta la domanda di grazia e liberato, e sparì dalla vita politica). Al Penazzato venne sequestrata una tessera della sezione grossetana del sindacato fascista dei facchini: il documento era privo di fotografia, ma dal suo numero fu possibile risalire all’ Aira. Arrestato e processato, Aira venne condannato a 3 anni di carcere per ricostituzione del PCdI e per altri reati. Incarcerato a Campobasso, scarcerato tornò a Grosseto; in seguito subì vari fermi. Ma la detenzione e, soprattutto, i duri maltrattamenti subiti lo debilitarono: malato di TBC, nel ’31 fu ricoverato per la prima volta nel sanatorio di Livorno; seguirono anni di sofferenze fino alla morte prematura.
In molti, terrazzieri, manovali, contadini, badilanti, braccianti, nonostante le minacce fasciste e della polizia, accompagnarono il feretro al cimitero.
FONTI: F. Bucci, S. Carolini, A. Tozzi, R. Bugiani, Gli antifascisti grossetani nella guerra civile spagnola, 2000.