(San Paolo del Brasile, 1908 – Salerno, 1972), stuccatore.
Quando aveva due anni la sua famiglia fece ritorno in Italia. Aderente al PCdI, venne fermato il 1° maggio del 1924. Una segnalazione del 1930 della PolPol segnalò che “il noto sovversivo Bielli Ettore, abitante Porta Metronio, 219 [Roma], esplicherebbe tuttora un’attività politicamente sospetta e pericolosa. Nella stessa venne precisato che “in questi ultimi tempi, però, egli aveva attenuata la sua attività politica, pur mantenendo fede ai suoi principi comunisti, per cui era sottoposto a conveniente vigilanza. Nella prima decada del volgente mese il Bielli si è allontano da Roma e, dalle accurate indagini esperite, si è potuto accertare che era recato insieme al noto comunista Borgo Alfredo di Pietro ed a Mattiangeli Bruno fu Antonio […] prima a Genova e poi a Torino allo scopo di emigrare clandestinamente in Francia. I tre vennero arrestati nel Cuneese il 18 settembre 1930 per apologia di atti terroristi commessi da antifascisti sloveni nella Venezia Giulia e ammoniti. Bielli finì nuovamente in manette il 1° febbraio 1931 e denunziato per contravvenzione all’ammonizione; assolto per insufficienza di prove fece ritorno a Roma, inserito negli elenchi di persone da arrestare in determinate circostanze. La madre, scoraggiata dai continui controlli fatti dalla polizia in qualsiasi momento del giorno e della notte, scrisse il 22 aprile 1934 una lettera al capo dello Stato Benito Mussolini richiedendo la sua clemenza: «Io sottoscritta Lelli Petronilla, vedova Bielli, essendo madre di un figlio caduto per la grandezza della Patria e inoltre avendo anche un altro figlio mutilato di guerra ed essendo il medesimo anche della milizia Nazionale ed un altro segnato al Fascismo fin dal 1922 ed io come madre ho sempre avuto la tessera del fascio ed ho sempre cercato di avere dei bravi figli ai quali ho fatto fare a tutti i bravi soldati italiani tra i quali figli uno ha nome Ettore il quale andò soldato volontario nell’aeronautica, il medesimo trovandosi disoccupato nel 1930 cercò di espatriare con alcuni suoi amici quali sono stati la causa di questa fallo commesso dal mio figliolo, però io come madre ho fatto di tutto per richiamarlo alla casa paterna, ed infatti dopo essere arrestato tornò al suo tatto promettendomi tutto ciò che io desideravo ed infatti non più amici ha avuto fini adesso, ed ora essendosi sposato l’8 ottobre 1933 ed ora sta formandosi una famiglia essendo il medesimo fra qualche mese anche padre. Rivolgo a lei questa mia supplica affinché questo mio figliolo non venga più arrestato ogni qualvolta ci sia una festa o qualche ricorrenza. Voglia il suo nobile cuore esaudire questa misera madre che chiede questa grazie con il tutto il cuore augurandole sempre di essere più potente e più forte dell’Italia.Augurandolo una lunga vita perché possa Ella bene guidare tutti i figli di nostri figli crescere tutti forti e potenti come Ella desidera. Intanto sicura di essere esaudita ringrazio anticipamene e voglia gradire da questa misera madre i più distinti ossequi fascista”. [Nota dei curatori del sito: fu forse per questa lettera che il partito lo inserì nelle liste dei sospetti].
Il 30 giugno 1934 il Questore di Roma scrisse al Ministero dell’Interno segnalando che Lelli Petronilla “non è in possesso di alcuna tessera o documento, da cui risulti l’appartenenza al P.N.F per il passato, né vi è iscritta ora [..] effettivamente il suo figliuolo Romolo decette durante la guerra sotto una valanga di neve […] nei pressi di Cortina d’Ampezzo [..] ha un altro figlio, Augusto, mutilato di guerra [mentre] l’altro figlio Ettore, invece, è un fervente ed irreducibile comunista, ex ammonito politico. Non avendo quest’ultimo mai presentato alcun atto di sottomissione all’attuale Regime, questo Ufficio non ritiene opportuno, salvo migliori apprezzamenti di codesto On/le Ministero, pigliare in considerazione la istanza, che restituisco, inoltrata dalla Lelli Petronilla”.
Ammalatosi di TBC fu trasferito il 30 marzo del 1938 dall’Istituto Carlo Forlanini di Roma al Sanatorio “Alpina” di Prasomaso (So), poi all’Istituto “Parenti” di Arco di Trento. Tornato a Roma fu arrestato nuovamente la sera del 21 marzo 1939. “Gli Agenti del Commissario San Lorenzo si portarono all’Albergo del Popolo per procedere al fermo del comunista Mattiocco Giuseppe […] nonché del comunista Ettore Bielli […] qui abitante l’Albergo di cui sopra, entrambi compressi nelle 2° categoria di detto elenco, i quali alloggiavano nelle medesima camera del predetto albergo. Il Mattiocco alla intimazioni degli Agenti […] ripeteva canticchiando: “Se la fiaba dice il vero le cose cambieranno”. Il Bielli a sua volta incoraggiato dal contegno e dalle parole del Mattiocco cominciò a protestare dicendo che era ora che li lasciassero una buona volta in pace, quindi rivolto al sottufficiale gli disse “Brigadiere quando usciremo dal carcere le cose saranno cambiate ed allora verrò a casa tua e dirò: brigadiere alzati e vieni con me adesso. Usciti dall’Albergo mentre i due venivano condotti al Commissariato, lo stesso Bielli, sempre protestando per il fermo, si permesse di dire “Ora si farà la guerra, a noi ci richiameranno, ci concentreranno tutti in un posto e dopo ci fucileranno”. Condannato al confino (Ponza, Santo Stefano), a causa della TBC venne trasferito a Tricarico [Mt] e Sala Consilina (Sa). Arrestato il 14 novembre 1941 assieme ai futuri deputati Paolo Bufalini e Antonello Trombadori, per atto di clemenza del Duce venne scarcerato e rispedito al confino tre mesi dopo. Da una testimonianza del figlio Wladimiro: “Ricordo quanta paura ebbi quando mio padre nascose sotto la cantina dell’abitazione di Sala Consilina che gli era assegnata due famiglie di ebrei. Ricordo la botola dove furono calati ed il cognome di uno di loro Wolf ed il nome di sua moglie, Greta. Li salvò dalla deportazione e da sicura morte in campo di concentramento”.
Dopo l’8 settembre 1943 Bielli si avvicinò ai comunisti Ippolito Ceriello e Danilo Mannucci. I tre contestarono la “svolta” del PCI fi Togliatti: Ceriello e Mannucci si orientarono verso la Sinistra comunista, Bielli aderì al movimento anarchico a Salerno.
Dopo la sua scomparsa il gruppo anarchico salernitano assunse il nome: Gruppo Anarchico Ettore Bielli.
Giuseppe Mannucci
FONTI: ACS-CPC; M. Calicchio, E. Bielli, Confinato Politico Comunista, Dibuonedizioni, Villa d’Agri, 2004