(Collesalvetti, 1892 – Livorno, 1962), sterratore, ferroviere
Il padre Giuseppe era schedato come sovversivo. La madre era Zaira Pecchia, la moglie Augusta Barsotti. Visse con la famiglia a Vicarello dove studiò sino alla VI Elementare per poi lavorare come sterratore. Sin da giovane abbracciò gli ideali libertari e, in particolare, fu in relazione con l’anarchico Attilio Gabbani di Vicarello. Fra il 1912 e il 1913 prestò servizio militare a Livorno presso il deposito
del reggimento di fanteria. Assunto in ferrovia nel 1914, con mansione non conosciuta, lavorò e risiedette a Sampierdarena tenendo contatti con l’anarchico Domenico Diego Guadagnini, operaio all’Ansaldo di Genova, ragione per la quale venne “attenzionato” dalle Questure di Genova e Pisa, nonchè dai Carabinieri di Firenze. Arrestato il 22 luglio 1921 per ordine telegrafico del Dipartimento di Firenze, nel 1923 venne licenziato «per scarso rendimento» nell’ambito delle grandi “epurazioni” di regime nelle Ferrovie. Nell’agosto del 1924 emigrò in Francia con regolare passaporto, avendo dimostrato alle autorità di aver trovato lavoro come manovale presso l’impresa Ferrain a Greasque,
dove comunque restò sotto la sorveglianza dell’Ambasciata d’Italia a Parigi; Dopo una breve permanenza a Marsiglia, nel 1925 rientrò in Italia e si stabilì a Vicarello (località Casette) presso i suoi genitori. Appena rientrato subì una perquisizione personale e domiciliare, con esito negativo. Trasferitosi a Livorno nel 1928, risiedette in via del Seminario n.6, nel popolare quartiere Garibaldi-S.Marco. svolgendo vari lavori, più o meno stabili, non essendo iscritto al PNF.
Durante il ventennio fascista fu sottoposto a sorveglianza da parte del Commissariato di P.S. del quartiere S. Marco. Nel 1937, risultava lavorare come manovale presso l’Acquedotto a Stagno; dal 1941 venne assunto come operaio presso lo stabilimento ausiliario “Metallurgica”, nel reparto fonderia minerale, ma restò vigilato in quanto non aveva “fornito prove sicure di ravvedimento”.
Dopo la Liberazione venne reintegrato nelle Ferrovie come capo del personale viaggiante di 1ª
classe del Deposito di Livorno (Tessera ferroviaria n. 743982 rilasciata dalla sezione Movimento di Firenze nel 1948), e riprese l’attività politica presso la locale Federazione anarchica; nel 1951 era ancora ritenuto dalla Questura di Livorno “elemento pericoloso per l’ordinamento democratico dello Stato” anche se “non si associa ad altri è misantropo” [sic!].
Nel 1959, ormai pensionato, gli venne notificato – quale responsabile – l’ordinanza del Prefetto di Livorno che vietava “distribuzione, affissione e diffusione” del manifesto stampato dalla Federazione anarchica livornese per il Primo Maggio. Restò oggetto di informative poliziesche sino alla morte, avvenuta il 13 novembre 1962 a Livorno.
MARCO ROSSI
FONTI: ACS-CPC, Busta 1670; ASLi, Fondo Questura, Serie A8, Busta 1383, fascicolo 17; I. Tognarini, F. Minuccia, S. Nannucci, Un Comune e la sua gente. Antifascismo e questione razziale, Comune di Collesalvetti, ESI, 1995.