JELMINI, Antonio “Fagno”

(Ferno, 1915 – 1990), operaio

 

Operaio della Caproni, fu attivissimo nella Resistenza nel Gallaratese e nella zona di Mezzomerico. Vice comandante della 102^ brigata Garibaldi, successivamente comandante della 127^ brigata Garibaldi (poi 181^) e della 1^ Brigata Lombarda della Montagna; diresse numerose azioni di sabotaggio e di prelevamento di armi, tra cui quella all’Isotta Fraschini di Cavaria dell’agosto 1944.

I comandanti garibaldini del PCI lo controllarono a vista anche e soprattutto a causa dei suoi precedenti contatti con Mauro Venegoni; ne nacquero incomprensioni e rapporti difficili. Una volta venuto meno il pericolo “Mauro”, ormai eliminato, le preoccupazioni del PCI si concentrarono alla “rieducazione” dei partigiani di Fagno (mentre questi erano in prima linea a combattere…) per “vincere i residui di sinistrismo” dovuti all’influenza dei Venegoni.

Il 3 marzo 1945, il commissario politico della 1^ divisione Gramsci scrisse al commissario politico della 118^ brigata Servadei riferendo che Fagno, comandante della 1^ Brigata Lombarda della Montagna, “ha forti accentuazioni estremiste e non è bene inquadrato nella linea politica tenuta dal Partito al quale egli fa riferimento. La sua brigata era stata incorporata dalla Servadei, il cui commissario politico aveva il “compito [di] educarlo politicamente e vincere tutti quei residui di sinistrismo che gli derivano dall’essere politicamente cresciuto nell’ambiente dell’Alto Milanese influenzato dal gruppo Venegoni”.   

Non è un caso che Fagno fosse in stretto contatto con il “Valdossola” del maggiore Superti, autonomo, preferendolo alle Brigate Garibaldi. Nella primavera del 1944 Fagno forniva armi e uomini al Valdossola.

Nella prefazione alle sue memorie, Bruna Bianchi scrive che, dopo l’elezione a consigliere comunale a Ferno nel 1946, egli “non svolse più attività politica e non aderì ad alcun partito. Una scelta di disimpegno che sorprende, ma di cui nelle memorie non trapelano i motivi”. Le cose non stanno assolutamente in questi termini. In realtà il PCI continuò ad esprimere una diffidenza crescente verso un personaggio poco inquadrabile, che certamente mal sopportava la politica moderata di quel partito. Fagno rimase iscritto al PCI (sezione “centro” di Busto Arsizio) fino al 1949: all’inizio dell’anno successivo arrivò la diffida del PCI contro di lui, che venne espulso.

 

FONTI: Cronache rivoluzionarie in provincia di Varese, PM; Diffida, «L’Ordine Nuovo», 28 gennaio 1950. Documenti – Le Brigate Garibaldi nella Resistenza, vol. III; La prima brigata lombarda. Memorie del comandante “Fagno”, Odradek, 2002

 

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