(Casale Monferrato, 1927 – 2010), operaio
Subito dopo il settembre 1943, appena diciassettenne, Giuseppe si aggregò alla “banda di via Mantova” composta da una quarantina di giovanissimi casalesi decisi a battersi contro i fascisti; la banda, che si era già fatta viva prima dell’8 settembre con scritte sui muri di Borgo Ala contro la guerra e per il pane, era influenzata da Mario Acquaviva, ucciso nel luglio 1945 da sicari stalinisti. Nonostante la grave perdita la sezione casalese del PCInt si organizzò e si rafforzò. Giuseppe, che lavorava prima come facchino in stazione, successivamente alla Maniseta, fabbrica dove gli internazionalisti erano radicatissimi, fu uno dei militanti più attivi.
Giuseppe ricordava vari episodi nei suoi colloqui con nostri compagni; uno dei più significativi fu quello del 1° maggio 1946 a Casale, quando gli internazionalisti parlarono da un balcone che dà sulla centrale piazza Mazzini; i rappresentanti del PCI tentarono di impedir loro di parlare ma cambiarono subito idea di fronte ad alcuni ex partigiani internazionalisti che mostrarono… argomenti convincenti e ben oliati.
Nel 1951 Giuseppe uscì dal PCInt e aderì al PCI. Il suo percorso post-1951 fu nel solco della sinistra parlamentare (“Manifesto”, PdUP, Rifondazione, “Sinistra Casalese”).
La notte tra il 23 ed il 24 aprile 1960 fascisti provenienti in forze da Alessandria e Torino raggiunsero Casale Monferrato ed aggredirono Giuseppe, Almerino Trombin (comandante partigiano, anch’egli proveniente dalle file internazionaliste) e Francesco Sorisio. Questo il ricordo di Giuseppe: “siamo stretti al muro, li abbiamo addosso. Trombin si difende come un forsennato, è un buon pugile, il problema è che fa fatica a respirare, ha l’amianto nei polmoni, ha lavorato alla Eternit. Le cose si mettono male. Proprio mentre vengo colpito alla testa da un fascista Trombin mi grida: “la pistola ! Tira fuori la pistola !” Il fatto è che io non avevo nessuna pistola, ma lo assecondo e faccio la finta. Mi slaccio la cintura, i fascisti ci credono, e si danno alla fuga”.
I tre, feriti sanguinanti raggiunsero corso Cavour, dove si radunarono molti ex partigiani. Alle tre e mezza di notte si videro arrivare Luigi Acuto “Tek Tek”, il famoso comandante partigiano autonomo protagonista della battaglia di Grana (di cui parla Fenoglio ne Il Partigiano Jonny); Tek Tek voleva a tutti i costi andare a cercare i fascisti; sotto i sedili dell’auto aveva… l’occorrente. A fatica Giuseppe e gli altri lo convinsero a desistere.
Nonostante avesse abbandonato le file internazionaliste, Giuseppe non smise mai di portare avanti con determinazione il ricordo di Acquaviva e la denuncia del suo omicidio politico, attraverso comunicati e volantini che diffondeva ogni anno a luglio. Della sua ostinata ricerca ci ha lasciato documenti e testimonianze preziosi e unici.
FONTI: colloqui e incontri di Giuseppe Marenda con nostri compagni a Casale