(Gropello Cairoli, 1901 – Milano, 1960), operaio meccanico
Si stabilì con la famiglia a Milano, nel quartiere operaio della Bovisa, in forte espansione dal 1884 dopo il “Piano Beruto”, funzionale alla città caratterizzata da una rigida divisione in zone. Lavorò come meccanico e aderì giovanissimo alla FIGS; fu uno dei più combattivi oppositori del riformismo turatiano. Il 15 aprile 1919 rimase ferito negli scontri tra socialisti da una parte e futuristi, arditi e fascisti dall’altra, in cui venne uccisa la camiciaia della Bovisa Teresa Galli ed assaltata la sede dell’«Avanti!»; nel corso dei tafferugli, in via Mercanti, Noè venne ferito dalle guardie regie e subì l’amputazione di una gamba. Nel gennaio 1921 fu tra i fondatori della federazione milanese del PCdI. Organizzò il Soccorso Rosso, il che gli costò l’arresto ed il processo nel 1925: prosciolto. Nuovamente arrestato nel novembre 1926, accusato di “organizzazione comunista” venne condannato a quattro anni di confino (Lipari). Nel gennaio 1928, mentre si trovava al confino, venne deferito al Tribunale Speciale per “riorganizzazione di partito disciolto”: nuovamente processato e prosciolto. Scontata la pena, nel febbraio 1930 venne liberato ed incluso nell’elenco delle persone da arrestare in determinate circostanze. Arrestato nell’agosto 1936 con l’accusa di “organizzazione comunista”, fu processato e condannato a cinque anni di confino (Ventotene, Tremiti, Colobraro). Nell’estate del 1939 si oppose al patto russo-tedesco e venne messo al bando dalla cellula confinati del partito. In piena guerra, a Milano, per campare vendeva candele. Diffuse volantini e giornali clandestini. Dopo la guerra diresse la sezione PCI della Bovisa, ma la sua ferma linea di classe lo fece entrare presto in contrasto coi vertici del partito; il fascicolo “Mario Noè” della federazione milanese del partito staliniano era più voluminoso di quello della polizia. Noè si collegò ad altri dissidenti che esprimevano gli stessi dubbi: Luciano Raimondi, Aurelio Staletti, Emilio Setti, Bruno Fortichiari, Nino Seniga, ex segretario di Secchia, nel frattempo fuggito con “armi e bagagli”. Nel gennaio 1955 i dissidenti uscirono allo scoperto con una prima lettera aperta indirizzata ai militanti, firmata “i compagni di Azione Comunista”. Cominciarono i processi interni per “frazionismo”. Nella sezione della Bovisa partì l’inquisizione guidata dai burocrati Arturo Colombi, Armando Cossutta e Nella Marcellino. Scattarono le espulsioni.
Dirà di lui Seniga: “con gli occhi lucidi di pianto trattenuto con orgoglio, fissi nel vuoto, si batteva con un gesto involontario il bastone sulla gamba di legno, quasi a significarci che il dolore fisico provato per l’amputazione dell’arto non era nulla in confronto al dolore morale che l’attanagliava al solo pensiero che un sospetto sulla sua dirittura morale e politica potesse circolare nel suo partito e nella classe lavoratrice”.
Dopo la scissione Noè accompagnò Seniga a contattare potenziali dissidenti. Da quel momento seguì tutta l’attività di Azione Comunista – salvo una breve parentesi in cui simpatizzò per la IV Internazionale trotskista – fino alla morte prematura. Oltre ad «Azione Comunista» anche il giornale del PCInt «Battaglia Comunista» rese omaggio alla sua “magnifica figura di militante proletario”.
Il compagno Mario Noè è stato il mio maestro che mi ha fatto conoscere le nefandezze del partito staliniano. È per questo motivo che tutti e due siamo stati espulsi dal partitone che è finito nella merda.
[Scritto di Aurelio Staletti a «Pagine Marxiste» nel 50° anniversario della scomparsa di Mario Noè]
Il seme germoglia. La pianta attecchisce.
[Mario Noè]
FONTI: nostra corrispondenza con Aurelio Staletti, archivio PM; N. Seniga, Credevo nel partito.