(Legnano, 1903 – Busto Arsizio, 1944), operaio
Secondo di quattro fratelli, in fabbrica fin da giovanissimo, Mauro Venegoni aderì al PCdI dalla fondazione assieme al fratello Carlo. Arrestato una prima volta nel 1927, due anni dopo emigrò in Francia e Russia. Rientrato in Italia nel 1932 tentò di organizzare clandestinamente il partito comunista in Calabria. Arrestato, dopo 5 anni di reclusione, nel 1940 venne inviato al confino ad Istonio, dove entrò in contatto con Damen e Luigi Repossi, comunisti di sinistra, maturando definitivamente le proprie posizioni critiche verso l’URSS e il PCI; Mauro era teoricamente d’accordo con loro, li divideva solo il suo “spirito barricadiero” come disse Bruno Maffi. Trasferito alle Tremiti, frequentò da esterno le riunioni dei confinati trotskisti tra cui Nicola Di Bartolomeo e il muratore Cristofano Salvini (Casole d’Elsa, 1895 – 1953), già miliziano della Columna Internacional Lenin del POUM; accentuò le sue critiche allo stalinismo e venne radiato dal PCI.
All’indomani della caduta del fascismo, Mauro Venegoni scrisse su un quaderno una lunga riflessione dove, oltre a parlare esplicitamente di imperialismo anglo-americano, sosteneva che “stiamo entrando in una fase di crisi politica del regime borghese, della guerra civile e della lotta armata, insurrezionale, del proletariato e dei suoi alleati (artigiani, contadini poveri, piccoli impiegati) per la lotta finale contro la borghesia e la conquista del potere politico da parte dei lavoratori rivoluzionari”.
Dopo l’8 settembre ’43 i fratelli Venegoni fondarono il gruppo de “Il lavoratore”, stampando l’omonimo giornale diffuso tra gli operai dell’Alto Milanese e del basso Varesotto. Il gruppo, grazie anche all’influenza di vecchi comunisti di sinistra quali Fortichiari, Mario Lanfranchi e Repossi, assunse posizioni critiche verso lo scioglimento dell’Internazionale e il PCI, accusato di settarismo e interclassismo. Dopo l’8 settembre venne data la priorità all’unità nella lotta antifascista accantonando temporaneamente i motivi di dissenso col PCI. Il partito staliniano, poco o nulla radicato tra il proletariato della zona a differenza de “Il Lavoratore”, nei confronti di quest’ultimo alternò calunnie ad aperture. Il giornale del gruppo venne definito “organo dei rottami del putrido sinistrismo italiano e delle canaglie trotschiste [..] Di una decina di individui incarogniti dall’odio contro il Partito e i suoi dirigenti”. Ad intorbidire il clima, l’uccisione al Parco Solari di Milano di Temistocle Vaccarella, dirigente torinese di Stella Rossa, in occasione di un incontro con «Il Lavoratore»; Vaccarella tentava un collegamento tra i gruppi comunisti dissidenti, ed era stato calunniato dal PCI che lo aveva segnalato a “Il Lavoratore” come spia. Quando nel settembre 1944, dopo la sospensione delle pubblicazioni del giornale, il gruppo confluì nel PCI, Mauro non accettò il compromesso. Su di lui pendeva il provvedimento emanato alle Tremiti, ed il PCI non mancò di rimarcare il fatto. Mauro si gettò nella lotta con abnegazione, inquadrato nelle brigate Garibaldi. Per lui l’obiettivo primario rimaneva quello di abbattere il fascismo per poi lottare per il comunismo. Gli stalinisti lo controllavano e, contemporaneamente, creavano cinicamente le condizioni per il suo isolamento. Il giorno prima del suo arresto Mauro si incontrò col fratello Carlo, ormai rientrato nel PCI, a Milano. Da due settimane Mauro era isolato, gli avevano tagliato i collegamenti. Era venuto a conoscenza che il PCI aveva ordinato di rompere ogni contatto con lui in quanto non iscritto al partito. L’isolamento lo spinse ad esporsi alla ricerca di contatti che non trovava; si spostò nel Bustese e venne arrestato dai fascisti, che lo catturarono e lo uccisero dopo orribili torture, abbandonando il corpo in via per Cassano.
La retorica resistenziale ci ha consegnato (e celebra tutt’ora) il ricordo di Mauro Venegoni come “patriota”, mettendo in secondo piano la stessa esperienza de “Il Lavoratore”. In realtà Mauro non è mai stato un patriota. Il suo impegno nella resistenza era finalizzato inequivocabilmente all’abbattimento del capitalismo e alla lotta contro la borghesia. Il PCI, dopo averlo osteggiato in vita ed isolato in clandestinità favorendone la cattura, lo ha trasformato ipocritamente in un martire, a Mauro Venegoni sono state intitolate addirittura numerose sezioni del partito staliniano.
Mauro Venegoni è un rivoluzionario vittima dei fascisti e degli stalinisti.
FONTI: Sintesi sulla storia del fascismo e sulla sua caduta in Italia. Opinione di un operaio comunista. Agosto ’43, riportata in I fratelli Venegoni e la Resistenza operaia nel legnanese, CGIL Ticino Olona; «La Nostra Lotta»; Le Brigate Garibaldi nella Resistenza, v. I; L. Borgomaneri, Due inverni, un’estate e la rossa primavera, Franco Angeli, 1995; testimonianze orali dei compagni internazionalisti di Cassano Magnago, archivio PM.