Censis 2021: come il fare di tutta l’erba un fascio serve al sistema

Hanno di recente fatto scalpore le opinioni degli italiani raccolte dal Rapporto Censis 2021. Il Rapporto inizia affermando che stiamo scivolando verso una società irrazionale. Per i talk show, che per lo più hanno utilizzato solo quella prima pagina, una manna, per ammannirci una sociologia da strapazzo.

Colpisce l’elenco delle “prove” fornite, in base alle quali si afferma che la società italiana attuale è pervasa da irrazionalità.

Tralasciamo la facile ironia su quel 5,8% di italiani che crede che la terra sia piatta o sul 10% che è convinto che l’uomo non è mai sbarcato sulla luna. Dopotutto, secondo il Censimento Istat 2019, il 4,6% degli italiani è analfabeta o senza titolo di studio e più del 16% ha solo la licenza elementare. E per lo più non è certo colpa loro.

Anche le opinioni sul Covid sono abbastanza prevedibili:

Il 31,4% degli italiani oggi ritiene che il vaccino sia sperimentale e che quindi le persone che si vaccinano facciano da cavie, il 10,9% sostiene che il vaccino è inutile ed inefficace, per il 5,9% (cioè circa 3 milioni di persone) il Covid in definitiva non esiste e, infine, il 12,7% trae dall’esperienza della pandemia la conclusione che la scienza provoca più danni che benefici.

Non metteremmo sullo stesso piano il primo gruppo con gli altri. Anche chi si è sollecitamente vaccinato, non trova sconvolgente definire il vaccino “sperimentale”, se si intende che è stato giocoforza sperimentarlo in tempi più stretti, con qualche rischio, e con masse di popolazione che un po’ hanno fatto da cavie (gli inglesi più di noi prima, e adesso più di noi americani e israeliani). Era inevitabile e speriamo che ci studino adeguatamente, come le cavie, per saperne sempre di più. La scienza ha dei limiti, arriva a delle conclusioni corrette anche tramite errori, ma, senza, saremmo come al tempo della peste nera (un quarto della popolazione europea spazzata via).

Fra le risposte “irrazionali” il Censis inserisce un classico pregiudizio xenofobo:

Per il 39,9% degli italiani è una certezza la sostituzione etnica a causa dell’arrivo degli immigrati, portatori di una demografia dinamica rispetto agli italiani che non fanno più figli. Qui non si tratta di irrazionalità ma di propaganda razzista. Salvini docet. Ne sono scaturiti due decreti sicurezza ispirati alla xenofobia che gli “illuminati” governi successivi non hanno modificato e il premier attuale si è complimentato con la guardia costiera libica per aver messo “in salvo” la gente dei gommoni nei lager libici. Se l’attuale “’inverno demografico” italiano non si invertirà, il vuoto di popolazione sarà abbastanza ovviamente riempito da immigrati. Che questo sia un male è appunto un pregiudizio.

Censis arriva poi alle tendenze complottiste degli italiani.

È vero che molti social media, “democraticamente” inclini ad ospitare anche le tesi più inverosimili, hanno fatto leva sulla giusta rabbia sociale e la diffidenza verso la politica per dare alla pandemia “spiegazioni” complottiste e negazioniste, portando centinaia di no-vax alla terapia intensiva e/o al cimitero.

Ma le formulazioni che il Censis propone agli intervistati sono per lo meno capziose.

Per il 67,1% degli italiani esiste uno “Stato profondo”, cioè il potere reale è concentrato, in modo non pienamente democratico, nelle mani di un gruppo ristretto di potenti. Il 29,7% degli italiani è convinto che il PNRR non cambierà il paese, perché il paese è condizionato da lobby che volgeranno tutto a loro vantaggio. Il 44,3% ritiene che la Pubblica Amministrazione non terrà il passo col PNRR. Il 47,7% ritiene che: “il governo, i partiti, le istituzioni non cambieranno in meglio” la loro vita.

Imperversa Il “sonno della ragione” concludono gli esperti del Censis. E qui casca l’asino.  

Ritenere che il potere reale sia concentrato non nelle mani degli elettori, ma nelle mani di una minoranza, che ha il potere economico (la borghesia, il capitale) non è complottismo, semplicemente una diversa valutazione politica, una critica al democraticismo formale. Il fatto che due italiani su tre lo pensino, anzi, ci rincuora. Il problema è portare quei due italiani su tre a concludere che non è con il voto ma con la lotta che si cambia la società… Sarà anche vero che ogni testa vale un voto, ma che l’influenza sul governo italiano di un qualsiasi lavoratore pesi molto meno di quella, ad esempio, dell’amministratore delegato dell’ENI è facilmente verificabile. Non solo. Assieme ad autorevoli commentatori politici, non troviamo peregrina la possibilità che i partiti proteggano le loro lobby elettorali e non la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani. Oppure pensare che il corpaccione della Pubblica Amministrazione resista felicemente ad ogni tentativo di renderla più efficiente. Quanto ad aver fiducia nella classe politica attuale…

E quando alla fine il Censis conclude che una consistente minoranza degli italiani “delegittimano a priori le proposte razionali per migliorare la situazione” attuale, cioè hanno dei dubbi sulla capacità del salvifico governo Draghi di risolvere i problemi, tutto il ragionamento mi pare una piaggeria, una difesa d’ufficio del governo e dei ministeri che sono i principali committenti del Censis stesso.

Per decenza chi ha steso il rapporto, a questo punto, approfondisce le cause di tanta sfiducia, cioè che ben due terzi degli italiani (il 66,2%) pensano che nel nostro Paese si vivesse meglio in passato rispetto ad oggi. 

E il Censis riconosce la costante decrescita reale del PIL (nota 1). Ma soprattutto deve riconoscere che, tra il 1990 e il 2020, l’Italia è l’unico Paese Ocse in cui le retribuzioni lorde medie annue sono diminuite: -2,9%. Nello stesso periodo le retribuzioni lorde medie annue sono cresciute negli Usa del 47,7%, nel Regno Unito del 44,3%, in Germania del 33,7%, in Francia del 31,1%, in Giappone del 4,4%.

Il Censis non ha potuto esimersi dall’individuare nella massa indistinta degli italiani quelli che hanno perso di più, cioè i lavoratori. La conclusione piuttosto corretta (pag.7), che pochissimi fra giornalisti e show men citano, perché non fa spettacolo, è che il pessimismo degli italiani:

“…non è l’effetto distorto di un digitale pervasivo,  …delle fake news o di abili imbonitori della politica. È invece una reazione inscritta nella materialità delle vite delle persone … È la convinzione che rinunce, pene e investimenti individuali non porteranno comunque a un futuro migliore. È l’esito di aspettative soggettive oggi insoddisfatte pur essendo legittime”.

Ci fermiamo qui, anche se il Rapporto prosegue descrivendo un paese in cui la ricchezza delle famiglie si sta logorando, si risparmia per paura del futuro, non si fanno figli sempre per paura del futuro (e comunque per un aiuto si confida non nello stato ma nella propria famiglia: 9 milioni di over 65 contribuiscono regolarmente al bilancio di figli e nipoti).

Anche i lavoratori italiani avevano partecipato al miglioramento economico dagli anni ’70 alla fine del secolo. Ma adesso più degli altri pagano la crisi. Sono anche per la gran parte quelli che pagano le tasse. Che pagano adesso l’inflazione che ricomincia a correre e pagheranno il debito che l’Italia si è accollata.

Corretta quindi la sana diffidenza verso questa politica, che è di classe, contro chi è povero e contro chi lavora. Il problema vero, dal nostro punto di vista, è che molti traggono da questa situazione un atteggiamento individualista e qualunquista (non solo “prima gli italiani”, ma “prima io” e gli altri “chi se ne frega”). Oppure si affida alle “credenze magiche”. Ma soprattutto non si organizzano, non incanalano la frustrazione o la delusione in una consapevolezza di classe, in una lotta.

Noi siamo per liberarci non solo dal pensiero magico, ma anche dalla passività e dal pensiero interclassista del “siamo tutti nella stessa barca”, perché nella barca capitalista qualcuno è trasportato comodamente seduto a poppa e qualcun altro rema, e se non serve più a remare viene gettato a mare. 

Rendiamo merito quindi a chi ha superato in positivo la sfiducia, la diffidenza e il rancore della propria vita quotidiana, organizzandosi con gli altri sfruttati, lottando per i propri diritti, nella logistica, nelle fabbriche. Se non ti muovi non puoi vincere. Se lotti, qualsiasi sia il risultato, marci a testa alta, riconquisti la tua dignità di donna e di uomo. E su questo nessuno può fare dell’ironia.

Nota 1. La crescita reale del PIL italiano è stata: + 45,2% nel decennio degli anni ’70, + 26,9% negli anni ’80, + 17,3% negli anni ’90, + 3,2% nel primo decennio del nuovo millennio, +0,9% nel decennio ultimo prima del Covid. Poi c’è stato il tonfo: -9%.

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