Croazia, l’Europa a ogni costo

Sfida a debito estero, corruzione e disoccupazione
DAL NOSTRO INVIATO ZAGABRIA • La netta vittoria del capo dello Stato uscente Stipe Mesic al ballottaggio di domenica scorsa delle elezioni presidenziali (ha ottenuto il 66% dei suffragi contro il 34% della sfidante Jadranka Kostic) apre per la Croazia prospettive di stabilità in vista dell’avvio dei negoziati per l’adesione alla Ue. Secondo la maggior parte degli osservatori diplomatici a Zagabria, Stipe Mesic, grazie alla sua affermazione a tutto tondo, potrà infatti ricoprire un ruolo di raccordo essenziale tra la maggioranza governativa conservatrice del premier Ivo Sanader e l’opposizione di centro-sinistra che lo ha appoggiato nella sua elezione alla presidenza.
«L’integrazione nell’Unione europea comporterà per la Croazia un duro lavoro preparatorio e anche sacrifici, ma è l’unico fattore in grado di assicurare lo sviluppo economico» afferma l’economista Drazen Kalogjera, vice presidente della prima università privata per manager fondata in Croazia. I dati macroeconomici indicano qualche miglioramento rispetto agli anni scorsi: disoccupazione in calo, crescita del Prodotto interno lordo stiomata al 3,7% nel 2004 (ma nel 2003 il Pil è cresciuto del 4,3%), aumento della produzione industriale del 3,8%, riserve valutarie per 13 miliardi di dollari, investimenti stranieri (tra cui quelli italiani) in fase di crescita. «La Croazia però ha il grande problema — mette in guardia il direttore dell’Ice di Zagabria, Maurizio Bocchini — del debito estero che rappresenta l’85% del Pil. Per le nostre esportazioni, il dato di crescita dei primi undici mesi del 2004 è stato del 9,3% raggiungendo così i 2,6 miliardi di dollari»: se per l’Italia, primo partner commerciale di Zagabria, l’export vola non si può comunque non tener conto dei problemi causati dall’indebitamento estero.
«Anche gli investimenti diretti italiani sono cresciuti negli ultimi tempi ma sono ancora insufficienti» lamenta il professor Kalodgjera. I settori di interesse per il centinaio di società italiane in Croazia sono quello bancario (Banca Intesa è azionista di maggioranza della Privedna Banka mentre Unicredito controlla la Zagrebacka Banka), assicurativo, del legno, del tessile. «Gli investimenti in Slavonia di Benetton, che a breve ne costruirà un altro in Istria, e di Calzedonia a Varazdin, sono un vero modello per la Croazia: oltre all’occupazione diretta hanno infatti generato la nascita di decine di piccole imprese fornitrici, alcune italiane, realizzando di fatto due distretti industriali» sottolinea il direttore dell’Ice.
L’Italia è riuscita a divenire leader anche nel settore della grande distribuzione grazie agli investimenti di Cooperative consumatori Nord-Est e di Mercatone due. «Attualmente le Cooperative hanno un giro d’affari annuo in Croazia di oltre 70 milioni di euro e per i quattro ipermercati presenti sul territorio, i due di Zagabria e quelli di Spalato e Osjek, hanno investito cento milioni di euro»
dice Stefano Campani, responsabile delle relazioni estere di Boorea, la società di cui fanno parte le aziende della Lega delle cooperative presenti in campo internazionale. Tra queste, in Croazia operano anche Clf costruzioni, che si è aggiudicata la ristrutturazone della linea ferroviaria Metkovic-Ploce nell’ambito del Corridoio 5, e Unieco, coop reggiana nel campo delle pulizie industriali.
«L’interesse delle imprese italiane per la Croazia sta crescendo» conferma l’ambasciatore d’Italia a Zagabria, Alessandro Grafini, che sta organizzando per aprile un importante incontro che riunirà a Pordenone decine di imprese italiane del Nord-Est e croate dell’area istriano-quarnerina.
«Perché vi sia veramente un salto di qualità bisogna però che la Croazia finalmente affronti le riforme necessarie a offrire agli investitori esteri un quadro istituzionale certo. Il regime di Franjo Tudjman ha lasciato il Paese in una situazione legale e morale catastrofica, dove il sistema legale non dà certezze mentre dilaga la corruzione» afferma senza mezzi termini il professor Kalodjera, che ai tempi del primo Governo della Croazia indipendente, nel ’92, ricoprì per pochi mesi la carica di ministro dell’Economia, da cui si dimise per protesta a causa delle distorsioni del sistema.
«Certo i dati macroeconomici stanno migliorando, ma è la vita reale che ancora segnala dati preoccupanti: basti pensare alla disoccupazione, che si attesta attorno al 17%, e al costo della vita che a fronte di un reddito medio mesile di 600 euro è di livello europeo» nota dal canto suo il giornalista economico Franko Dota. «Problemi che potranno essere superati solo grazie all’integrazione della Croazia in Europa — conclude Furio Radin, il deputato che al Parlamento rappresenta la minoranza italiana — e questo processo non potrà che favorire le relazioni economiche con l’Italia»

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