Deregulation, la Francia in sciopero

Si fermano a catena i dipendenti statali: ferrovie, ospedali, Poste, elettricità, giustizia, scuole

Le proteste sono indirizzate contro la terapia d’urto per snellire i servizi pubblici e contro la privatizzazione di Edf

PARIGI • Gli “cheminot”, i ferrovieri francesi, hanno fatto questa volta sul serio. I treni sono stati infatti seriamente perturbati da un’agitazione che, iniziata martedì sera alle 8, si è protratta fino a questa mattina. Ha funzionato solo un Tgv su tre e un Corail su quattro, mentre il traffico Eurostar e Thalys è stato toccato in misura minore. In direzione dell’Italia, solo il 30% del servizio era assicurato, mentre tre Tgv su cinque partivano in direzione della Svizzera. Ad essere coinvolti nello sciopero sono stati anche i treni locali e le metropolitane leggere verso le periferie. Quanto basta perché il traffico nelle grandi città e in particolare a Parigi sia impazzito con lunghe code nelle ore di punta, per entrare e uscire dal centro.
Lo sciopero dei ferrovieri è stato il culmine di una settimana di passione per la Francia, caratterizzata dall’agitazione dei postini di martedì, da quella di ieri di ferrovieri, chirurghi (il 70% non ha operato), personale di Edf e Gdf e magistrati, per finire a quella di domani che vedrà in piazza i funzionari pubblici e il personale scolastico. Le proteste arrivate sul tavolo del Governo riguardano in generale i salari troppo bassi, il taglio di migliaia di addetti per migliorare l’efficienza delle aziende, l’introduzione del servizio minimo garantito in aziende come le ferrovie, infine la privatizzazione di enti come per l’appunto Electricité de France.
Il malessere è indirizzato contro la politica del Governo guidato da Jean-Pierre Raffarin che starebbe tentando di smantellare uno dei caposaldi su cui è costruita la Francia: quello dei servizi pubblici, presenti ovunque sul territorio, di gran lunga i primi datori di lavoro del Paese e garanti della solidarietà nei confronti dei meno abbienti e degli emarginati della società. Un servizio pubblico che nel bene e nel male ha sempre funzionato egregiamente, ma che è diventato troppo caro da sostenere. Oltre al fatto, come nel caso dell’energia, che le regole europee impongono di liberalizzare il mercato e di privatizzare le sue imprese.
Questi scioperi, che potrebbero estendersi al settore privato non appena la nuova legge di ammorbidimento delle 35 ore lavorative sarà discussa in Parlamento, evidenziano malumore nei confronti di un Governo che, nonostante le riforme strutturali e le promesse di rilanciare il Paese, non è riuscito a far decollare l’economia e a rendere più dinamico il mercato del lavoro. Basti considerare che i disoccupati sono in media al 10%, ma che nello stesso tempo in Francia giacciono 300mila offerte di lavoro inevase.
Questo per dire che la troppa regolamentazione e burocratizzazione fanno da freno allo sviluppo del Paese che non riesce ad esprimere tutte le sue potenzialità. È dunque nella logica di liberare le forze inespresse dell’economia che il premier Raffarin sta cercando di deregolamentare e di rendere più snelle le strutture e l’organizzazione dello Stato, in modo da diminuire i costi, aumentare l’efficienza e convogliare le risorse così recuperate verso nuovi investimenti a carattere produttivo. Una politica, quella del Governo, che viene però contestata dall’ala più conservatrice del sindacato, che lotta per il mantenimento dei privilegi acquisiti, piuttosto che guardare in avanti. Una posizione di retroguardia che non corrisponde in molti casi a quella della base.

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