Un’altra margherita all’occhiello di Renzi

SERGIO MATTARELLA 10-10-1997

Dopo Gentiloni, un altro “usato sicuro” per Renzi, l’elezione al Quirinale di Sergio Mattarella, ex DC siciliana, ex Margherita, ora PD.

Renzi aveva bisogno di ricompattare il PD, riassorbendo la “sinistra”, cui ha offerto un nome che ne solleticava i temi “forti”: un politico con un fratello ucciso dalla Mafia, un “custode della Costituzione” (è un giurista), un “nemico di Berlusconi” (nota 1). E doveva ridimensionare il patto del Nazareno e il suo è sembrato un machiavellico colpo da maestro perché ha sia spaccato il Nuovo Centro Destra sia Forza Italia (nota 2). Ma se si tratti di una sconfitta di Berlusconi e non un teatrino concordato, è presto per dirlo; intanto Berlusconi è stato immediatamente graziato di 45 giorni dal suo “servizio sociale”, può tornare immediatamente in politica, liberando così anche i vecchietti malati di Alzheimer fra cui era popolarissimo (da dichiarazione del giudice graziante – sic!).

E non sappiamo cosa è stato promesso a Berlusconi a proposito delle due nuove nomine alla Corte Costituzionale.

Le lodi al neo presidente si sono sprecate, si è scritto, ad esempio, che si tiene lontano dalle luci della ribalta, uno stile che sembra fatto apposta per far risaltare il presentismo televisivo del premier gigione Renzi e del suo antagonista Berlusconi.

E Dagospia, com’è suo costume, ci rivela gli altarini che la stampa più filogovernativa evita di citare. Che cioè anche Mattarella Sergio “tiene famiglia”: un padre, Bernardo, boss DC nel dopoguerra in Sicilia, accusato di contiguità con la mafia da Danilo Dolci e poi da Pio La Torre. Del resto anche il fratello ucciso Piersanti, prima della svolta che lo aveva portato a opporsi alla mafia su alcuni appalti, era stato il kingmaker della elezione di Vito Ciancimino a sindaco di Palermo. L’altro fratello maggiore, Antonino, assolto per mancanza di prove, era accusato di riciclaggio di denaro sporco per conto di tale Enrico Nicoletti, boss della banda della Magliana. I fedeli dei Matterelli sottolineano le assoluzioni, anche se, nel caso della mafia, è facile che le prove scompaiano.

Il nipote Bernardo, deputato regionale in Sicilia, è indagato per peculato in relazione ai rimborsi ai gruppi consiliari della Regione. Mattarella stesso ha nel suo curriculum, un peccatuccio di 50 milioni di lire (anni ’90), più 3 milioni in buoni benzina, donati da Filippo Salomone, altro mafioso subentrato al clan Riina.

La sinistra parlamentare italiana gli rimprovera il Mattarellum, la riforma del sistema elettorale che portò alla scomparsa del proporzionale puro.

Per noi tutto questo è il normale bagaglio di un politico borghese che ha servito sempre gli interessi della borghesia, adattandosi le sue esigenze con lo scorrere del tempo.

Dal nostro punto di vista Mattarella è l’uomo della guerra in Kosovo nel marzo 1999. Ministro della Difesa nei governi D’Alema II e Amato II promosse la partecipazione dell’Italia all’operazione Nato in Kosovo, una delle guerre dichiarate con “scopi umanitari”, che ha prodotto un numero altissimo di vittime, danni economici enormi che ancora segnano il paese. Una guerra imperialista per stabilire gli equilibri di potere nell’Europa dell’Est, dopo lo sconvolgimento della caduta del muro di Berlino, la prima guerra in cui un governo guidato “dalla sinistra” si schierò a fianco della Nato.

Mattarella è anche l’uomo di Stato che, in buona o cattiva fede, ha affermato con sicurezza che non c’era motivo di preoccuparsi per l’uranio impoverito. La commissione da lui formata per investigare non fu messa in grado di lavorare perché non le furono forniti dati e informazioni. Poi, lontano appunto dalle luci della ribalta, il Ministero della Difesa è stato condannato a pagare il risarcimento alle famiglie di 20 militari deceduti; altri sono in attesa di sentenza, 300 sono i morti accertati per inquinamento bellico nella ex Jugoslavia e più di mille i malati. Nessuno ha pubblicato i numeri relativi alle popolazioni coinvolte (Metronews 30 gennaio 2015). Come dice la giornalista, la pericolosità dell’uranio impoverito era nota dai primi anni ’90, c’erano tutti i dati su internet.

Un uomo quindi, “decente” per la borghesia, ma non per la nostra morale comunista.

Dicono i suoi ammiratori che Mattarella sta già affrontando gli oneri della sua carica: l’esame dei primi decreti attuativi del Jobs Act. Tutto fa pensare che li firmerà in toto

Non a caso per Squinzi, presidente di Confindustria. Mattarella è “la persona giusta al posto giusto”, cioè quello che deve controfirmare la riforma del lavoro più iugulatoria della storia recente. Non perché sia necessariamente un “ponziopilatesco passacarte”, come pensa qualcuno, ma perché è l’uomo della borghesia e del capitale, le cui brutture da buon cattolico, vuole magari mitigare, a cui vuole mettere le toppe, ma non certo metterne in discussione “l’ossigeno”, rappresentato dallo sfruttamento quotidiano, capillare e pianificato della forza lavoro. E “responsabilmente” Mattarella firmerà.

Nota 1: E’ noto che si dimise nel luglio 1990 dal governo Andreotto VI per protesta contro la legge Mammi, troppo tenera con la posizione dominante del gruppo televisivo di Berlusconi. Dentro il PPI ha condotto uno scontro senza quartiere contro Buttiglione che voleva l’avvicinamento a Forza Italia.
Nel 2013 come giudice della Consulta partecipa alla dichiarazione di incostituzionalità del Porcellum.

Nota 2: Almeno cinquanta i “franchi sostenitori” di Forza Italia a Mattarella (che ha ricevuto 665, mentre la maggioranza ne aveva solo 505). Le schede bianche di Forza Italia dovevano essere 139, invece sono risultate 105, ma comprensive delle 16 schede bianche di quei alfaniani che non hanno voluto dichiaratamente votare si. Secondo la Stampa in Forza Italia hanno votato SI il gruppo di Denis Verdini e il gruppo di Fitto, quest’ultimo premuto dai grandi elettori meridionali. Oltre ad Alleanza Popolare, a votare Mattarella sono stati PD, SEL, Scelta Civica, Socialisti e Auronomie. Forza Italia aveva vincolato i suoi a votare scheda bianca. Lega Nord e Fratelli d’Italia hanno continuato a votare per Vittorio Feltri, il M5S per Imposimato.
Come è noto molti membri di Area Popolare (AP), che unisce UDC di Casini e NCD (Nuovo Centro Destra) di Alfano, hanno subito una “attrazione fatale per Mattarella; Alfano alla fine ha deciso di votare per lui, ma dal NCD si sono dimessi il capogruppo AP Maurizio Sacconi e la portavoce del NCD Barbara Saltamartini e starebbe per andarsene Nunzia Di Girolamo. La Lega parla di “migrazione” di molti del NCD verso il Carroccio. Malumori contro Alfano per non aver consultato il Partito da parte di Formigoni, Alberini e Giovanardi.