Mercoledì 14 dicembre 2016 il nome di Vincent Bolloré, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Vivendi, ha fatto irruzione su tutti i siti dei principali quotidiani e dei TG italiani. Notizia di apertura e grande spazio mediatico all’avanzata della società francese Vivendi nel capitale di Mediaset, che ha raggiunto il 20% nel possesso della quota azionari. Il titolo vola in borsa e si scatena lo scontro con Fininvest, che reagisce alzando la propria quota dal 34,7 al 38,2%.
Il capitale è internazionale, e i capitalisti si fanno tra loro alleanze e guerre a livello internazionale. Che un padrone sia italiano o francese non ce ne potrebbe importar di meno: gli uni ci sfruttano con il Jobs Act, gli altri con la Loi Travail. Anche la classe operaia è internazionale, quello che ci importa è che sappia difendersi contro il capitale che la sfrutta, di qualsiasi paese sia il suo passaporto. Se non ci associamo alla difesa dell’”italianità” di un impero mediatico e strumento borghese di rimbecillimento dei proletari come Mediaset, sappiamo che neanche da Oltralpe potrà arrivare un “buon padrone”.
Due mesi prima gli stessi mezzi d’informazione hanno citato appena la notizia di un disastro ferroviario avvenuto ad Eseka (Cameroun) il 21 ottobre. 79 persone erano morte e 550 erano rimaste ferite nel deragliamento del treno Intercity 152 della compagnia Camrail, che viaggiava tra le due principali città del Paese, la capitale Yaoundé e la città portuale di Douala. Il crollo di un tratto della strada principale tra Yaoundé e Douala a causa delle piogge torrenziali aveva bloccato centinaia di veicoli in circolazione e dirottato le persone sulla ferrovia.
L’aggiunta al treno di otto vetture supplementari, costruite in Cina, veniva individuata come probabile causa del disastro. In passato Camrail aveva licenziato dei ferrovieri che avevano contestato l’acquisto di queste vetture denunciandone le inefficienze legate al freno.
Camrail da subito ha deviato le accuse formulate da giornalisti indipendenti di non aver proceduto ad investimenti significativi su rete e trasporto, scaricando le responsabilità su presunti errori del macchinista e del suo assistente, sottoposti a fermo di polizia e guardati a vista. Jean-Marc Bikoko, presidente della Centrale syndicale du secteur public du Cameroun (CSPCAM), dichiarava a riguardo che Camrail e il governo tentavano di fare del macchinista un “capro espiatorio”. Ed ha aggiunto:«Nel 1999, quando Camrail è stata concessa a Bolloré, molti sindacalisti, che erano anche dei tecnici, sono stati licenziati. Non sono mai stati rimpiazzati e la manutenzione dei binari e del materiale è insufficiente. Si registrano numerosi guasti”.
In un articolo del 2007 (Ports, rails, plantations, le triste bilan de Bolloré au Cameroun, «Le Monde Diplomatique») si poteva leggere che in meno di 10 anni di concessione il gruppo industriale francese aveva licenziato un terzo dei 3.600 salariati Camrail. «Di conseguenza questi 10 anni non furono propriamente di riposo per i leader sindacali di Camrail che dovettero subire infiltrazioni padronali, trasformazioni forzate, licenziamenti punitivi e addirittura, per alcuni di essi, il carcere”.
Un ferroviere Camrail, coperto dall’anonimato, dichiarava a radio RFI rispetto all’acquisto delle “nuove” vetture cinesi: “il loro sistema di frenatura non è compatibile con quello delle nostre locomotive. Quando ci si è resi conto che le composizioni di sole vetture cinesi presentavano problemi di frenatura, sono state intercalate le vecchie vetture francesi per aumentare la frenatura … Tutti lo sanno, anche la gerarchia”.
Ma cosa lega le due notizie?
Camrail è una filiale del gruppo francese Bolloré Africa Railways, che ne controlla il 77,4%; solo il 13,5% è statale mentre il 5,3% è di Total Cameroun ed il 3,8% di SEBC (gruppo Thanry). Bolloré Africa Railways, società privata europea, ha ottenuto nel 1999 una concessione di 20 anni per gestire la rete ferroviaria camerunense. E Bolloré è proprio lui, Vincent, uomo d’affari francese ed azionista principale della compagnia ferroviaria.
In Francia, all’indomani del disastro, i media controllati dal gruppo di Vincent Bolloré hanno cancellato ogni riferimento al suo nome. «Direct Matin», giornale di strada del gruppo, nella sua edizione del 24 ottobre, ha ripreso un dispaccio dell’agenzia France Presse sull’incidente, ma censurando il riferimento a Bolloré.
“Presso Bolloré sanno che una comunicazione troppo attiva in Africa rischierebbe di generare effetti perversi che potrebbero avere un effetto domino sull’immagine del gruppo nell’insieme della sotto-regione”, ha rincarato «La Tribune Afrique».
Il danno d’immagine prevale sui morti e sul disastro. I media sotto controllo, tacciono. Gli altri minimizzano. La guerra azionaria tra i due colossi dell’informazione è assai più importante e fa più audience rispetto ai poveri morti di Eseka.