Il governo Salvini di Maio che ha presentato il ddl Pillon “in nome dei bambini”, Salvini che ha sfoggiato assieme ai suoi tirapiedi Fontana Pillon e Bussetti l’adesione al fascisteggiante Congresso Mondiale delle Famiglie (a cui aveva dato il suo sostegno anche Conte prima che qualcuno dei M5Stelle gli tirasse le orecchie), questi sostenitori interessati delle famiglie tradizionali ecc. ecc. ecc. del tutto in sordina, come è loro costume su questi argomenti, hanno cominciato il loro attacco al welfare e ai diritti delle madri abolendo il cosiddetto “bonus baby sitter”.
Di cosa si tratta?
Dal 2012 per le mamme che rinunciavano al congedo parentale facoltativo (cioè quello dopo l’obbligatorio di 3 o 4 mesi) era prevista da parte dell’Inps una somma per pagare una tata o la retta di nidi e servizi per l’infanzia, fino a 600 euro al mese per ogni mese di congedo facoltativo non fruito, erogati per 6 mesi al massimo (3 mesi per le autonome e le imprenditrici, periodi proporzionali all’orario per le lavoratrici part time).
Nell’ultima legge di Bilancio la misura è stata tolta e le interessate lo hanno saputo solo grazie alle comunicazioni dell’Inps. Pertanto, a far data dal primo gennaio 2019. non è più possibile presentare domanda per accedervi
Come tutti sanno molte mamme lavoratrici, soprattutto nel privato, sono costrette a rientrare al lavoro al 4° o 5° mese, a meno di rinunciare al lavoro stesso. Solo chi ha una o due nonne disponibili può farlo gratis. In caso contrario spesso i costi per affidare il bimbo al nido o alla baby sitter sono maggiori della paga e quindi la neo mamma decide di stare a casa.
Sappiamo che nell’Italia di oggi le famiglie monoreddito con figli sono in prima linea nel rischio povertà. Un problema naturalmente che riguarda famiglie di giovani lavoratori, magari precari e non certo le mamme della ricca borghesia, che lavorano con buoni stipendi e possono senza pensieri rientrare al lavoro.
Il governo Lega-5 Stelle ha tolto a molte lavoratrici-madri la possibilità di continuare a lavorare, tagliando il bonus bebè, per regalare 2,5 miliardi ai padroni con il “decreto crescita” (superammortamenti e meno tasse).
Sulle orme di Renzi, si è inoltre fatto dare una delega per tagliare altri diritti dei lavoratori, dove non sono previsti dalla normativa europea.
I lavoratori potranno difendere i propri diritti non affidandoli alle forze parlamentari, ma solo battendosi in prima persona e senza dividersi fra uomini e donne, italiani e stranieri, precari e “garantiti”.