Migliaia di lavoratori e studenti hanno manifestato mercoledì 28 aprile a Baltimora, Maryland, sfidando il potente apparato di repressione statale messo in campo.
La protesta si è subito diffusa per solidarietà ad altri centri, tra cui New York, Boston, Denver, Houston, Milwaukee, Minneapolis e Washington DC.
La rabbia della popolazione è stata scatenata dall’assassinio del giovane 25enne nero Freddie Gray per opera della polizia, ma le sue cause profonde sono il peggioramento delle condizioni di vita, dalla povertà alla disoccupazione al degrado sociale. Per questo, di fronte all’emergere delle forti tensioni sociali, la classe dominante risponde con la violenza organizzata del suo apparato statale. Il governatore Repubblicano del Maryland, Hogan, la sindaco Rawling-Blake (di colore), dopo aver ricevuto il benestare del presidente americano Obama, primo presidente nero della storia “democratica” americana, hanno decretato lo stato di emergenza, e dispiegato duemila agenti della Guardia Nazionale, molti dei quali avevano combattuto in Irak e Afghanistan, con veicoli militari ed elicotteri per tenere sotto controllo i manifestanti … Dalla guerra imperialista alla repressione interna di classe.
L’apparato della giustizia si è abbattuto con tutto il suo peso contro lavoratori e giovani, definiti “criminali e teppisti” dal sindaco di Baltimora e dal presidente Obama, mentre i sei poliziotti responsabili della morte del giovane Gray sono ancora impuniti. Trecento arresti solo da lunedì, e diverse centinaia previsti nei prossimi giorni, secondo la CNN. Le cauzioni richieste per gli arrestati sono di $10-15 000. La polizia militarizzata ha represso anche una manifestazione di solidarietà organizzata a Ferguson, Missouri, di cui sono già note le numerose proteste e rivolte contro la polizia degli ultimi mesi.
L’establishment politico di Baltimora, da tempo controllato da corrotti rappresentanti politici Democratici afro-americani della media borghesia, ha fortemente ridotto la spesa per i servizi sociali mentre ha elargito ampie riduzioni fiscali alle imprese e ai ricchi borghesi, al fine di “migliorare il clima per gli affari”.
Le aree circostanti a Baltimora dove un tempo c’erano cantieri navali, officine, fabbriche siderurgiche e manifatturiere varie, che occupavano decine di migliaia di salariati, sono state abbandonate e con esse i quartieri operai deprivati dei più elementari servizi. L’economia locale si è concentrata sullo sviluppo di progetti sportivi, turistici e commerciali nel centro della città e nelle aree attorno all’Inner Harbor (storico porto interno).
Sotto la presidenza Obama si è avuto il maggior trasferimento di ricchezza nella storia degli Usa a favore degli strati superiori della popolazione, assieme alla riduzione del potere di acquisto dei salari e al taglio dei servizi sociali. In particolare, Baltimora ha perso l’80% dei posti di lavoro nel manifatturiero. Le conseguenze di questa ristrutturazione economica sono migliaia di bambini senza casa e decine di migliaia di persone che vivono sotto la soglia della povertà.
La mortalità infantile di Baltimora è simile a quella dei paesi sottosviluppati come Belize e Moldavia. Il sobborgo Sandtown di Baltimora, dove abitava Freddie Gray, ha un tasso di disoccupazione superiore al 50%, un reddito mediano di $24 000, contro i $40 803 dell’intera città, ed un’aspettativa di vita di soli 68,8 anni.
Gli squilibri sociali che sconvolgono l’imperialismo americano sono palesati da un semplice dato, rilevato da uno studio del John Hopkins: a Baltimora, in uno spazio di sole sei miglia, l’aspettativa di vita diverge di ben 20 anni. Gli abitanti dei quartieri poveri vivranno mediamente 20 anni meno di quelli dei quartieri ricchi!
È questo uno dei sintomi più palpabili del trasferimento di ricchezza, accelerato dalla crisi del 2008 dai poveri ai ricchi, o meglio di plusvalore estratto dai lavoratori salariati americani, bianchi o neri che siano, ed appropriato dalla borghesia industriale e finanziaria, di qualsiasi colore abbia la pelle.
Il prossimo agosto sarà il 50° anniversario della ribellione di Watts. Nel 1965 nei quartieri afro-americani di Los Angeles ci fu un’ondata di rivolte scatenate da un episodio di brutalità poliziesca, proseguita negli anni successivi da rivolte in varie città degli Usa, Baltimora compresa.
I decenni seguenti hanno visto un forte aumento della diseguaglianza sociale, ed il risultato è che le condizioni dei salariati, giovani e afro-americani compresi, sono peggiorate. Nel contempo ha conquistato posizioni di potere politico ed economico uno strato superiore della media borghesia nera, responsabile del decadimento economico di numerose città. È perciò chiaro come la violenza della polizia, aggravata da motivi razziali, non è sostanzialmente una questione di discriminazione razziale, quanto una questione di classe. Anche a Baltimora la borghesia americana sta dimostrando come si prepara a rispondere a qualsiasi opposizione alla sua politica imperialistica di guerra all’estero e di dittatura sociale all’interno. Per questo la lotta contro la brutalità poliziesca deve essere collegata alla mobilitazione della classe operaia contro la classe dominante al cui servizio si pone l’apparato repressivo e giudiziario del suo Stato.