È iniziata l’era Trump. Meno tasse per padroni e parassiti, meno welfare e meno diritti sul lavoro per i proletari, protezionismo per riservare il mercato interno alle imprese americane, misure anti-immigrazione per sfruttare ancora più liberamente i 12 milioni di clandestini, più armi per riaffermare la supremazia mondiale USA, alleanza con la Russia contro Cina e Germania, disgregando l’Unione Europea e mettendo in discussione la Nato… Sotto lo slogan “faremo più grande l’America” c’è il tentativo di reagire all’indebolimento relativo degli USA di fronte all’avanzata di Cina e India, con misure difensive sul piano commerciale, offensive contro il proletariato interno e contro i nuovi concorrenti.
Il tempo e le lotte tra centri economici USA e internazionali e tra gli Stati, ma anche quelle dei lavoratori, diranno quanto del suo programma elettorale si tradurrà in azioni di governo. E non sta a noi né ci interessa giudicare se la linea Trump sia la migliore per l’imperialismo americano, oppure se non farà che accentuarne il declino. Ciò che è certo è che è una linea antioperaia e accelera la tendenza alla guerra, e per questo va denunciata e combattuta.
Intanto osserviamo interessanti allineamenti. Sul protezionismo (e contro la Germania) plaudono Trump le destre cosiddette “populiste” in Europa, dal FN francese all’UKIP britannico alla Lega Nord italiana, ma anche a sinistra, da Mélenchon in Francia alla Rete dei Comunisti in Italia, troviamo simpatie per le stesse posizioni, anche se il nazionalismo è ovviamente ciascuno pro domo sua. Sul fronte opposto, quale alfiere capofila della globalizzazione e del libero mercato troviamo nientepopodimeno che il presidente del Partito Comunista (?!) Cinese XI Jinpin, linea condivisa dal primo ministro britannico Theresa May e da Angela Merkel… La potenza in ascesa Cina, primo produttore industriale e primo esportatore mondiale, ormai proiettata alla conquista dei mercati vuole libertà di movimento per le sue merci e i suoi capitali, e la Gran Bretagna che esce dalla UE proprio per potersi collegare più liberamente alla Cina e alle altre potenze in ascesa, liberandosi dei vincoli UE, non intende farsi legare da Trump.
Gli schieramenti economici internazionali e negli Usa, in queste prime schermaglie dell’era Trump, non coincidono con le alleanze militari e vedremo molte scintille già nei prossimi mesi.
Negli anni ’30 del secolo scorso fu la legge protezionista USA nota come Smoot–Hawley Tariff (1930) ad avviare una guerra commerciale che chiuse i mercati aggravando la crisi e accelerando la corsa agli armamenti e alla guerra (dall’invasione della Manciuria da parte del Giappone all’espansione della Germania nazista in Europa, quindi la Seconda Guerra Mondiale imperialista).
La storia non si ripete mai in maniera identica, ma siamo avvertiti. Come comunisti non civetteremo mai con il nazionalismo e il protezionismo che ne è un’espressione, così come non civettiamo con la globalizzazione delle multinazionali e della finanza. Le prossime prove della storia si avvicinano per la nostra classe, e occorre che essa vi arrivi con una propria organizzazione politica su scala non solo nazionale ma anche internazionale. Il ritardo è enorme, ma nessun compito è impossibile a priori nella storia.