● Nonostante tutti gli sforzi della UE, sono gli USA a predominare ad Haiti sia dal punto di vista politico che economico.
o Haiti prende circa la metà del suo import dagli USA, dove è diretto circa l’80% del suo export.
o Già nella primavera 2009, l’Amministrazione Obama ha cominciato a rafforzare la propria influenza ad Haiti e a co-governare de facto.
o A seguito di un incontro della segretaria di Stato Hilary Clinton con il presidente haitiano Préval, il segretario generale ONU ha nominato inviato speciale per Haiti l’ex presidente USA, Bill Clinton,
o che ora è responsabile per i progetti economici e gli investimenti nell’isola, una competenza che negli Stati sovrani è propria del ministro dell’Economia.
● L’assunzione di compiti propri di uno Stato, come ad es. la direzione di aeroporti, dopo il terremoto porta avanti i tentativi già intrapresi di sottomettere Haiti al controllo diretto di Washington.
● Oltre agli USA, dopo il terremoto anche la UE ha rafforzato le proprie attività ad Haiti, in testa la Francia, ex potenza coloniale, che pone nella sua diretta sfera di influenza Haiti, sua ex colonia, francofona. Già nel 2003 Parigi sviluppò un progetto che prevedeva la costruzione dello Stato (state building) ad Haiti, che avrebbe rafforzato la posizione di Francia e UE.
– Il presidente francese, Sarkozy ha proposto una conferenza internazionale per Haiti, utilizzando la UE, che ha promesso €400 mn. per aiuti diretti e misure di lungo termine; si parla anche di inviare polizia UE.
● Tra le grandi potenze si sta discutendo la possibilità di mantenere a lungo ad Haiti militari e polizia di USA e UE;
o secondo la Think Tank americana, Council on Foreign Relations: Haiti ha vissuto «alcuni dei suoi anni migliori … tra il 1915 e il 1937», «quando era occupata dai marines». Al tempo Washington temeva che «la Germania o un’altra potenza straniera» potesse stabilirsi ad Haiti e «minacciare il canale di Panama o altri importanti interessi americani». Gli USA non si erano assunti direttamente il governo, ma tramite elite locali; gli autori propongono qualcosa di simile anche per il prossimo futuro;
o «occorre trovare un modo per sottoporre ad amministrazione controllata internazionale paesi mal funzionanti come Haiti»,
o su modello sarebbero i protettorati UE in Bosnia e Kosovo, dove le condizioni di vita sono tra le più miserabili d’Europa.
o Berlino, che ha esperienza di protettorati nel S-E Europa, non ha finora inviato soldati, è coinvolta direttamente solo in ruoli secondari, ma appoggia MINUSTAH con personale non militare e partecipata con aiuti finanziari appoggiando le iniziative europee.
– Ila, il centro di informazioni di Bonn che dal 1975 si occupa dello sviluppo dell’America Latina, avverte contro una nuova colonizzazione di Haiti. La classificazione di paesi come “Stati falliti”, proposta ora anche per Haiti, serve per “legittimare misure neocoloniali”.
– Le conseguenze sono in genere drammatiche, come dimostrato dall’intervento occidentale di anni recenti, in Somalia, Rep. Democratica del Congo, Afghanistan, dove non è stata conseguita la pace e neppure migliorate le condizioni di vita della popolazione.
– Ad Haiti stessa, la missione ONU del 2004 non ha apportato miglioramenti.
– Diverse analisi degli scorsi anni dimostrano come questi avvertimenti su Haiti siano fondati; secondo queste analisi le cause principali per il peggioramento delle condizioni di vita sono da cercare nelle misure introdotte dalle grandi potenze,
o che grazie alle truppe Onu (MINUSTAH) controllano de facto il paese.
o «La cosiddetta “Comunità internazionale”, cioè la rappresentanza degli interessi della grandi potenze, ha sviluppato meccanismi di controllo grazie ai quali esse si assumono decisioni strategiche dello Stato haitiano».[1]
– Da una analisi del 2007 di Ila: Il governo haitiano avrebbe dato la priorità alla ricostruzione del porto della capitale, gran parte della popolazione desiderava la ricostruzione delle infrastrutture sulla terra ferma.
– “Invece la UE dà la precedenza alla costruzione di una grande arteria stradale tra Haiti e la rep. dominicana”, che servirà per trasportare i prodotti esportati a San Domingo, che dagli USA vengono la portati ad Haiti per poi essere esportati; Haiti non ne trae alcun profitto.
Viceversa la strada servirà alle società agricole di San Domingo per trasportare i loro prodotti ad Haiti per venderli, a discapito degli agricoltori locali.
[1] Ritorno alla dignità. Intervista con Camille Chalmers della Piattaforma haitiana per lo Svilupo alternativo (PAPDA) (Rückkehr zur Würde. Interview mit Camille Chalmers von der Haitianischen Plattform für Alternative Entwicklung (PAPDA); ila 296, giugno 2006. Come altre analisi, l’intervista si trova sul Dossier Haiti sul sito www.ila-web.de.
– (Eigener Bericht) – Kritiker warnen vor einer erneuten Kolonialisierung Haitis mittels der globalen Unterstützungsmaßnahmen nach dem dortigen Erdbeben.
– Die internationale Hilfe für Haiti sei "dringend notwendig", dürfe aber nicht für "neokoloniale Einflussnahme" durch die USA und die EU missbraucht werden, fordert die Bonner Informationsstelle Lateinamerika, die seit 35 Jahren über die Entwicklung auf dem Subkontinent berichtet.
– Überlegungen, die polizeilich-militärische Präsenz von US-amerikanischen Truppen und EU-Polizisten auf Dauer aufrecht zu erhalten, werden tatsächlich in den westlichen Machtzentralen diskutiert.
o Man benötige "eine Methode, schlecht funktionierende Länder wie Haiti unter internationale Zwangsverwaltung zu stellen", heißt es bei US-Think Tanks;
– die offene Übernahme staatlicher Aufgaben in Haiti durch die westlichen Großmächte hat inzwischen begonnen.
– Berlin, das in Südosteuropa umfangreiche Erfahrung mit Protektoraten gesammelt hat, ist in Haiti eher in zweiter Reihe involviert, beteiligt sich aber gleichwohl am Vorgehen der westlichen Mächte – im Rahmen der EU.
– Die Bonner Informationsstelle Lateinamerika (ila), die seit 1975 die Entwicklung auf dem Subkontinent beobachtet, warnt vor einer weiteren Aushöhlung der haitianischen Souveränität. "Internationale Hilfe für Haiti ist dringend notwendig, aber sie darf nicht zu einer erneuten Kolonisierung Haitis führen", schreibt die Informationsstelle.
– Insbesondere die Einordnung von Ländern als "zerfallender Staat", wie sie jetzt auch für den Karibikstaat vorgenommen werde, diene "zur Legitimation jeglicher neokolonialer Einflussnahme".[1]
– Die Folgen seien meist fatal: Das zeigten die westlichen Interventionen der letzten Jahre von Somalia über die Demokratische Republik Kongo bis Afghanistan, wo Frieden und eine Besserung der Lebensumstände nicht erreicht werden konnten. Auch auf Haiti habe die Stationierung von UN-Truppen im Jahr 2004 keine Fortschritte gebracht; von einem Ausbau der Besatzung sei daher nichts zu erhoffen.
– Dass die Warnungen im Falle Haitis besonders begründet sind, belegen mehrere Analysen der vergangenen Jahre, die die Informationsstelle Lateinamerika in einem Dossier bereitstellt.
– Demnach liegen zentrale Ursachen für die schon vor dem Erdbeben eingetretene Verschlechterung der Lebenssituation in Maßnahmen der westlichen Großmächte begründet,
o die unter anderem mit Hilfe der in Haiti stationierten UN-Truppen (Mission des Nations Unies pour la stabilisation en Haïti, MINUSTAH) das Land de facto beherrschen. So urteilte ein haitianischer Wirtschaftsprofessor bereits im Jahr 2006: "Die so genannte ‘internationale Gemeinschaft’, das heißt die Interessenvertretung der Großmächte, hat Kontrollmechanismen entwickelt, mit denen sie die strategischen Entscheidungen des haitianischen Staats in der Hand hat."[2]
– MINUSTAH selbst ist mit schweren Vorwürfen konfrontiert, seit die Truppe mehrere Massaker in Armenvierteln der haitianischen Hauptstadt Port-au-Prince begangen hat.[3] Deutschland hat bislang zwar keine Soldaten nach Haiti entsandt, unterstützt MINUSTAH aber mit nichtmilitärischem Personal – und ist zudem über die EU präsent.
– Wie sich Beschlüsse der westlichen Großmächte zum Nachteil Haitis auswirken, zeigt exemplarisch eine Analyse, die die Informationsstelle Lateinamerika im Jahr 2007 veröffentlicht hat. Darin werden unter anderem Infrastrukturprojekte der EU beleuchtet.
– Die Regierung in Port-au-Prince hatte dem Ausbau des Hauptstadthafens prioritäre Bedeutung beigemessen, große Teile der Bevölkerung wünschten einen Ausbau der Infrastruktur auf dem Land.
– "Aber die EU zieht den Bau einer großen Straße zwischen Haiti und der Dominikanischen Republik vor", heißt es in der Analyse. Über die Straße solle der Export von Produkten in die Dominikanische Republik abgewickelt werden, die aus den USA nach Haiti gebracht und zur Ausfuhr bestimmt seien; für Haiti falle dabei so gut wie kein Profit ab.
– Umgekehrt sollten Agrarfirmen aus der Dominikanischen Republik über die Straße ihre Güter nach Haiti transportieren und dort verkaufen – zum Schaden haitianischer Bauern.[4] Mit solchen Maßnahmen trage Brüssel zur Zerstörung der Landwirtschaft in dem verarmten Karibikstaat bei.
– Wie das Auswärtige Amt bemerkt, spielen derzeit in Haiti trotz aller Bemühungen der EU die Vereinigten Staaten "eine politisch und wirtschaftlich dominierende Rolle".[5]
– Die Außenhandelszahlen verdeutlichen dies: Haiti bezieht rund die Hälfte seiner Importe aus den USA; etwa 80 Prozent seiner Ausfuhren werden in die USA verbracht.
– Die Obama-Administration hat bereits im Frühjahr 2009 begonnen, ihren Einfluss in Haiti zu verstärken und de facto mitzuregieren. Nach Gesprächen von Außenministerin Hillary Clinton mit dem demokratisch gewählten haitianischen Präsidenten René Préval im April ernannte der Generalsekretär der Vereinten Nationen den ehemaligen US-Präsidenten Bill Clinton zu seinem Sondergesandten für Haiti. Clinton ist dafür zuständig, Wirtschaftsprojekte und Investitionen in dem Karibikstaat anzusiedeln; das sind Tätigkeiten, die in souveränen Staaten der Wirtschaftsminister erledigt.
– Die Übernahme staatlicher Aufgaben, etwa der Flughafensteuerung, nach dem Erdbeben setzt die bereits vorher begonnenen Bemühungen fort, Haiti der direkten Kontrolle Washingtons zu unterstellen.
– Neben den USA hat auch die EU nach dem Erdbeben ihre Aktivitäten in Haiti verstärkt. Treibende Kraft ist vor allem die ehemalige Kolonialmacht Frankreich, der das Auswärtige Amt nachsagt, von allen Ländern der EU "der wichtigste Partner Haitis mit intensivem Besucheraustausch auf politischer und administrativer Ebene zu sein".[6]
– Bis heute zählt Frankreich den Karibikstaat wegen seiner kolonialen Vergangenheit und wegen des dort gesprochenen Französisch zu seiner unmittelbaren Einflusssphäre. Paris hat schon 2003 ein Konzept entwickelt, das "State Building" in Haiti vorsah; damit sollte zugleich die Stellung Frankreichs und der EU dort gestärkt werden.
– Der französische Staatspräsident Nicolas Sarkozy hat nun vorgeschlagen, eine internationale Haiti-Konferenz durchzuführen, und will dazu die EU nutzen. Brüssel hat einen Betrag von 400 Millionen Euro zugesagt – für unmittelbare, aber auch für langfristige Maßnahmen. Zusätzlich ist die Entsendung der Europäischen Gendarmerietruppe im Gespräch. Die Bundesrepublik wird sich daran nicht beteiligen, bleibt aber über die EU und mit Finanzhilfen involviert – und stützt damit die europäischen Einflussmaßnahmen.
– Die langfristige Zielsetzung wird in den westlichen Machtzentralen sorgfältig diskutiert – am offensten in den USA. Dort geben manche zu bedenken, es dürften nicht zu viele Kräfte aus Militär und Polizei nach Haiti entsandt werden, um an den zentralen westlichen Kriegsschauplätzen – insbesondere in Afghanistan – keine Schwächungen hervorzurufen. In einem Kommentar, der vom Washingtoner Think Tank Council on Foreign Relations als Pflichtlektüre ("Must read") deklariert wird, heißt es hingegen, Haiti habe "einige seiner besten Jahre (…) zwischen 1915 und 1934" erlebt, "als das Land von US-Marines besetzt war". Washington habe damals befürchtet, "Deutschland oder irgendeine andere feindliche Macht" könne sich sonst in Haiti festsetzen und "den Panama-Kanal oder andere wesentliche amerikanische Interessen bedrohen".[7]
– Man habe in dem Protektorat nicht selbst die Regierung übernommen, sondern über einheimische Eliten die Kontrolle ausgeübt. Ähnliches schwebt den Autoren offenbar auch für die nähere Zukunft vor. "Wir brauchen dringend eine Methode", schreiben die Autoren des "Must read"-Kommentars, "um schlecht funktionierende Länder wie Haiti unter internationale Zwangsverwaltung zu stellen". Als Modell werden die EU-Protektorate Bosnien und Kosovo genannt. Die Lebensverhältnisse dort gehören zu den miserabelsten in ganz Europa.
[1] Haiti-Dossier; www.ila-web.de/artikel/Haiti_Dossier/haiti_dossier012010.htm
[2] Rückkehr zur Würde. Interview mit Camille Chalmers von der Haitianischen Plattform für Alternative Entwicklung (PAPDA); ila 296, Juni 2006. Das Interview ist, wie auch weitere Analysen, in dem Haiti-Dossier auf www.ila-web.de abrufbar.
[3] Krieg gegen die Armen. Debatte um Stationierung der UN-Truppen in Haiti; ila 304, April 2007
[4] Tsigereda Walelign: Die Rückkehr des Kolonialismus. Wie die "internationale Gemeinschaft" ein Land zerstört; ila 303, März 2007
[5], [6] Haiti: Außenpolitik; www.auswaertiges-amt.de
[7] America’s Uncertain Presence in Haiti’s Uncertain Future; commentarymagazine.com 18.01.2010