(Cremona, 1857 – Roma, 1927), garzone magazziniere
Cambiò varie mansioni fino all’arresto avvenuto nel 1882 a seguito della partecipazione alla manifestazione di protesta contro l’impiccagione di Guglielmo Oberdan. Influenzato dal “primo marxista italiano” Enrico Bignami e da Osvaldo Gnocchi Viani, un anno dopo fondò «Il Fascio operaio»; nel 1885 fondò il PARTITO OPERAIO ITALIANO (POI), il che gli costò tre mesi di prigione. Nel 1891 fu tra i fondatori della CdL di Milano. Il percorso successivo lo vide fondare con Turati e la Kuliscioff la Lega socialista milanese (1889) e il Partito dei lavoratori italiani (1892), poi PSI. Dopo varie condanne e arresti, nel 1900 cominciò a separarsi da Turati avvicinandosi ad Arturo Labriola per aderire ad un programma intransigente. Antimilitarista, resse il partito dal 1912 al 1919, responsabile delle scelte più significative tra cui l’espulsione di Mussolini. Deputato nel 1919, rimase nel PSI all’atto della scissione di Livorno. Fu uno dei “tre pellegrini di Mosca”, con Maffi e Riboldi, ovvero i componenti della delegazione socialista che incontrò Lenin per tentare una mediazione sull’espulsione dei riformisti dal partito, di cui comunque fu convinto fautore. Anche quando i “terzini” di Serrati confluirono nel PCdI (1924), Lazzari continuò a militare nel PSI.
Perseguitato dai fascisti, negli ultimi mesi di vita ebbe un brevissimo cedimento che durò pochi giorni, quando venne reclutato dalla Polizia Politica (M. Canali, Le spie del regime, Il Mulino, 2004, p. 155).
IMMAGINE: passaggio del colloquio con Lenin raccontato da Lazzari (Il mio ultimo colloquio con Lenin, 1925)